(M. Pinci) – La formula giusta l’ha trovata mescolando gli ingredienti come un cuoco inquieto, o un apprendista stregone. Dopo aver incrociato dodici formazioni diverse nelle ultime tredici, però, Di Francesco una certezza ce l’ha: si chiama Cengiz Ünder, e la Roma ne è assolutamente dipendente. Lo ha capito quando quello ha fatto la stessa cosa che gli era riuscita contro Verona e Benevento: trovare la chiave per aprire la porta avversaria. L’Udinese è un’altra cosa, eppure è crollata quando a colpirla è stato lui. Lo 0-2 di Perotti nel recupero era solo il finale inevitabile di una partita incardinata stabilmente sullo 0-0 grazie agli sforzi di punte stitiche ( all’intervallo, Dzeko e Perica avevano toccato meno palloni dei loro portieri), prima che Ünder decidesse di riscriverne il copione. Provoca euforia ma non è un allucinogeno e a volte ne basta una pillola. Come il sinistro indiavolato che ha scatenato contro il povero Bizzarri, che a quarant’anni certo non pensava di farsi prendere a pallonate da un ragazzino di Balikesir che con la Serie A ha impiegato sei mesi per prendere confidenza, ma ora la maneggia come desidera. Un, due, tre: tre partite a segno consecutive, e tre indizi fanno la prova che la Roma di quel ventenne turco non può proprio fare a meno, per tornare quella che a inizio stagione aveva illuso i suoi tifosi e spaventato la concorrenza per il titolo.
C’era riuscita sventolando altre bandiere: quella di Dzeko, indispensabile tra agosto e ottobre quando aveva segnato 10 gol in 10 partite, stordendo il Chelsea, affondando il Milan e così via. A un certo punto e senza nemmeno avvisare, di lui a Roma avevano perso le tracce (4 gol da metà ottobre a oggi, uno al mese). Fortuna che nel frattempo Kolarov, accolto dalle pernacchie di tifosi miopi al punto da rimproverargli un trascorso laziale vecchio di sette anni, aveva iniziato a curare la crisi d’astinenza con dosi di piacere costanti, seppure diluite. Fino a quando non era bastato più nemmeno quello ( ieri ha riposato ma il serbatoio era vuoto da un pezzo). La Roma aveva infilato allora un tunnel lungo 10 partite, illuminato giusto da due vittoriucce: a salvarla in quei giorni è stato spesso Alisson, su cui oggi ha messo gli occhi il Real. Ma fuori dalla galleria l’ha portata l’ultima dipendenza. I gol di Ünder le daranno domani la forza di salire su un volo con destinazione Kharkiv per preparare l’ottavo di Champions contro lo Shakhtar, con la convinzione di essere tornata sé stessa. Senza correre il rischio di perdere nel frattempo un posto tra quelli che valgono la Champions.
E non poteva non essere un pensiero ingombrante, visto che da mercoledì giocherà 6 gare in 26 giorni, con Milan e Napoli subito dopo il viaggio ucraino. Lo scorso anno la stagione della Roma piegò verso una smorfia di delusione a marzo, quando si sommarono le eliminazioni in serie da Europa League e Coppa Italia. Con l’idea scudetto abortita già in inverno, stavolta, il periodo chiave è adesso. Ha una nuova coperta in cui avvolgersi la Roma – quel 4-2-3-1 mutuato dal “nemico” Spalletti con cui Di Francesco ha vinto tre partite di fila: «Ma la più convincente è questa, c’è stato un cambio mentale». Se passera alla prova dello Shakhtar, sarà vera gloria.
Fonte: la repubblica