A vederlo senza cresta o senza treccine, come quando è arrivato a Roma, Radja Nainggolan sembrava quello di quattro anni fa. Ma di quel ragazzo sbarcato dal Cagliari e alle prese per la prima volta con una grande squadra, è rimasto ben poco: i figli sono aumentati, i cani in famiglia anche, di tatuaggi neppure a parlarne, il fisico si è modificato, soprattutto in queste ultime settimane.
Perché l’Alieno, come amava chiamarlo Spalletti, non sembra più quello di qualche tempo fa: meno sorridente, appesantito nel corpo e nella testa. Di Francesco dice che è una questione mentale, che deve ritrovarsi e che i dati d’allenamento e della partita dicono come sia in forma, ma a vederlo sul campo, Nainggolan pare un lontano parente di quel giocatore che, negli ultimi 4 anni, ha trascinato la Roma con i suoi strappi, le sue accelerazioni e i suoi gol. Per la prima volta domenica sera, quando è uscito contro il Milan, ha ricevuto qualche fischio.
È uno che vive e gioca con il cuore, ma adesso questo alla Roma e ai suoi tifosi non basta più. Non riesce ad incidere, e Di Francesco – scrive la Gazzetta dello Sport – ha fatto notare come non sia una questione di ruolo: spesso arriva in ritardo sul pallone, e tra i centrocampisti ha una media di chilometri percorsi a partita (10,267) inferiore a De Rossi, Strootman e Gonalons (che oggi torna in gruppo). È anche quello che ha preso più ammonizioni (5), ma al tempo stesso, in campionato, è anche quello che tira di più, con 30 conclusioni.
Di certo a farlo stare poco tranquillo c’è anche la situazione con il Belgio: il c.t. Martinez lo tratta come uno dei tanti («Fa parte dei 50 chiamabili»), i compagni invece spingono per la sua convocazione, come ammette Démbelé del Tottenham: «Io sono uno di quelli più vicini a lui – ha detto a La Dernière Houre – e spero davvero che possa fare il Mondiale in Russia perché è un valore aggiunto per il gruppo. So che viene discusso spesso per il suo carattere, ma è un giocatore importante».