(M. Pinci) C’è un protocollo, rigidissimo, a cui nessun atleta che firmi per una squadra di Serie A può sottrarsi: il controllo medico per il rilascio del certificato per l’idoneità agonistica. Per questo se un calciatore viene acquistato da una squadra italiana deve passare le famose “visite”. Gli altri devono fare lo stesso all’inizio della stagione sportiva.
Il passaggio è obbligato: il protocollo prevede l’esame del sangue e delle urine, da ripetere poi dopo sei mesi. Un esame cardiologico completo con elettro cardiogramma a riposo e sotto sforzo e l’eco-cardiografia. Poi la spirometria, che serve a valutare la funzionalità respiratoria, e una radiografia del torace.
La visita completa Astori l’aveva sostenuta come tutti a luglio, prima di partire in ritiro con la Fiorentina: il certificato dura un anno, ma un medico può decidere per una durata più breve se ritiene che sia il caso di monitorare con maggiore frequenza alcune situazioni. È quello che accadde a Schick lo scorso agosto, quando ottenne l’idoneità con l’obbligo di ripetere gli esami cardiologici a gennaio. Se poi durante l’esame un medico riscontra anomalie significative, può anche richiedere esami più approfonditi, cosiddetti di secondo livello, prima di emettere la certificazione. L’Italia è il paese in cui sono più frequenti situazioni di questo tipo. Il motivo? Semplice: il protocollo previsto dalla legge italiana è il più completo, o quantomeno è universalmente riconosciuto come più scrupoloso.
In Inghilterra, ad esempio, per avere il via libera basta un elettrocardiogramma a riposo, senza la ripetizione del test sotto sforzo. Nel 1996 Kanu, che l’Inter prese dall’Ajax, manifestò proprio durante questi esami una disfunzione cardiaca congenita che in Olanda e alle Olimpiadi non gli aveva impedito di scendere regolarmente in campo: in Serie A non avrebbe potuto farlo senza un intervento. Per questo è obbligatorio in caso di trasferimento dall’estero, prima di poter impiegare un calciatore, adeguare il certificato sanitario al protocollo italiano. Per trasferimenti Italia su Italia invece un medico – è sempre lo staff sanitario a decidere – può prendere per buona la certificazione rilasciata al calciatore nel club precedente: rarissimi però i casi in cui un medico decida di fidarsi.