(F. Bocca) – Alla fine la scena è sempre quella. Il coro dell’inno “Barça, Barça, Barça” che si solleva sul Camp Nou, il Barcellona che aggiorna i suoi incredibili record (24ª vittoria su 26 partite di Champions), l’applauso dei 90.000 tutti in maglia blaugrana. La Roma che saluta i suoi fedelissimi può essere contenta non certo del risultato – un 4-1 è sempre un 4-1 e significa eliminazione al 90% – ma almeno di non essersi fatta umiliare da una squadra nettamente più forte e che fa parte dell’Olimpo del pallone.
Il rammarico però c’è e pesa, anche se il calcio non si fa con i se e con i ma. La Roma che pure ha fatto una partita dignitosa ha spianato lei stessa la strada al Barcellona con due incredibili autogol di De Rossi e Manolas. Sembrerà assurdo ma in questa Champions dopo Messi, è proprio l’autogol (5) il miglior marcatore del Barcellona. Sarà una tattica, uno schema anche questo, chi lo sa. Ma sul risultato pesa anche un chiaro mancato rigore su Dzeko, addirittura all’inizio, sullo 0-0. E perfino un fallo su Pellegrini proprio sulla riga che poteva essere un secondo rigore.
In una di quelle rare sere in cui Messi combina poco o nulla, fare addirittura dell’autolesionismo e trovarsi tutte le decisioni dell’arbitro contro è il massimo dell’assurdo. Fosse rimasto il 3-1 sarebbe stata quasi una festa – match almeno virtualmente aperto – ma purtroppo alla fine Gonalons ha favorito il gol del 4-1 di Suarez, e dunque amen. In fin dei conti prima nessuno aveva mai pensato che potesse finire troppo diversamente. Tra l’altro l’immediata vigilia del match era stata movimentata dall’irrecuperabilità di Nainggolan. Per non rischiare spedito in tribuna, con Pellegrini promosso titolare. Per rimediare Di Francesco ha spostato il tuttofare Florenzi in attacco e recuperato Bruno Peres e poi messo Strootman dalle parti di Iniesta. Squadra corta e più compatta, praticamente un 4-3-3 con uno Dzeko punta unica, inevitabilmente un po’ sacrificato. La partita della “spensieratezza”, come aveva detto Di Francesco, era così in realtà una professione di umiltà da cui la Roma ha ricavato un primo tempo accettabile, con Messi e Suarez tenuti lontani da Alisson e occasioni e rischi tutto sommato accettabili.
È capitata però poi quell’assurda concatenazione di fatti paradossali che hanno inevitabilmente segnato il match. È successo che Semedo abbia incespicato su Dzeko e spinto l’attaccante a terra, ma l’arbitro abbia lasciato correre e non abbia fischiato il rigore. Classico episodio da Var, di cui se ne dolgono tutti, soprattutto quando non c’è. La congiura del destino ha visto poi l’autogol di De Rossi entrato precipitosamente a valanga su un passaggio di Iniesta verso Messi. E anche una punizione di Umtiti che ha steso Pellegrini proprio sul bordo area. Questione di millimetri e di inquadrature tv, per la solita inesistente Var. Dentro? Fuori? Mentre i romanisti chiedevano il rigore l’arbitro optava per la punizione. Non bastassero già Messi e Suarez, sono stati i mostri della mente che assalgono chi mette piede al Camp Nou a mettere in ginocchio la Roma. All’autogol di De Rossi se ne è aggiunto un altro di Manolas: prima autopalo e poi autogol. Alla fine nella più paradossale delle partite il Barcellona è arrivato a fare un gol vero dopo un’ora con Piqué. Dzeko avrebbe poi trovato il gol che la Roma meritava almeno a compenso di tanto accanimento, ma Gonalons favoriva il primo gol di Suarez in questa Champions. E per fortuna che non ci si è messo pure Messi.