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Una sfida lunga 34 anni. Errori, beffe e l’Olimpico si fece Red

Non è una rivincita, guai a chi si azzarda a chiamarla così: sarebbe come venire a Roma, dare un’occhiata al Colosseo e pensare di aver capito la città. No, non avete capito niente. Perché quella lì, quella partita che un tifoso della Roma fa persino fatica a pronunciare – «Roma e Liverpool non hanno mai giocato», diceva Chicco Lazzaretti in un memorabile episodio de I ragazzi della 3a C – ha segnato in maniera indelebile un bel po’ di generazioni. (…) Trentaquattro anni fa è il destino che si mette di traverso e scrive un ultimo capitolo senza senso, contro natura: la Roma che perde la finale di Coppa Campioni contro il Liverpool. Non è finita: la perde all’Olimpico, in casa. Non è finita ancora: la perde ai rigori. Quella sera, quel 30 maggio 1984, è partito il mondo parallelo del tifoso romanista. Il «mai ‘na gioia», per capirsi, è diventato materia di dominio pubblico più avanti nel tempo ma in realtà è nato quel giorno lì. È nato quello strano rapporto con la maglia bianca, tanto amata eppure come fai a dimenticare che la indossavi quella sera, in trasferta a casa tua. È iniziato l’eterno terrore dei rigori: chiedete a qualsiasi tifoso della Roma se riesce a immaginarsi vincente dopo una serie dal dischetto. (…) Quella Roma era al termine di un ciclo che l’aveva portata a vincere due coppe Italia (sarebbero diventate tre a giugno) e un campionato. Quella Roma s’era allungata fino al 30 maggio dopo che Nils Liedholm, l’allenatore dell’epoca, aveva deciso di portare tutti in ritiro in Trentino, a Cavalese (il campionato era finito il 13 maggio), per stemperare la tensione della città. Il Barone, stratega divino, non poteva sapere che avrebbe ottenuto l’effetto contrario. Il Liverpool scese in campo più scarico mentalmente, nell’accezione più positiva del termine. La Roma – già priva di Maldera squalificato e con Ancelotti infortunato ormai dal dicembre precedente – perse per strada causa dissenteria pure Pruzzo, che almeno aveva fatto in tempo a pareggiare di testa l’iniziale vantaggio di Phil Neal. L’epilogo fu drammatico, scritto da rigori beffardi (…) Antidolorifico non esiste, per la sconfitta tutta. Luca Di Bartolomei, figlio dell’Agostino che decise di dire basta con tutto esattamente 10 anni dopo quella finale, ieri ha twittato: «Non voglio parlare. Credo che anche Ago preferirebbe silenzio e concentrazione. Per una volta lasciamo che a Roma il passato sia terra straniera. Pensiamo solo al futuro, daje». (…)

Fonte: gazzetta dello sport

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