(M. Pinci) – Chi si preoccupava che la fila alle ricevitorie avesse distratto la Roma, forse aveva ragione. Molto più di quanto non dica il successo per 2-1 sul Genoa, che molto da chiedere non aveva. Il signor Hyde che ogni tanto si sostituisce in campionato alla Roma, pure ieri ha fatto sporadiche comparse, incarnandosi nel goffissimo disimpegno del rallentato Gerson, in soporifere marcature di Jesus, in fragili contrasti di Gonalons.
E non è bastato stavolta nemmeno il settimo gol di Ünder, che da febbraio segna al ritmo di Salah, a scacciare le ombre sinistre che il direttore sportivo Monchi pareva quasi evocare prima della partita, quando prometteva di firmare “ per arrivare quinti e vincere la Champions”. L’impronta digitale di uno degli uomini più influenti di Trigoria, sul delitto della distrazione. Proprio prima di una partita in cui era semplicissimo compromettere la corsa contro Lazio e Inter. Certo, il ragionamento del manager spagnolo non farebbe una piega: superando il Liverpool e prendendosi la Coppa a Kiev, si va direttamente a giocare il torneo pure l’anno prossimo: ma visto che polizze sulla vittoria non ne concede nessuno, farsi scivolare oltre i primi quattro posti, per la Roma poteva voler dire buttar via una stagione diventata esaltante. Un fantasma, quello della distrazione, che da qui al ritorno coi Reds del 2 maggio aleggerà su ogni partita. Già da sabato a Ferrara con la Spal, che di certo non sarà molle come il Genoa di ieri, arrivato a crocefiggersi da solo, capovolgendo la millenaria tradizione del gol dell’ex nel contrappasso dell’autorete di Zukanovic.
E pensare che Di Francesco questo timore —di pensare “oltre” – in fondo era già successo a Bologna e con la Fiorentina, no? — doveva avercelo chiaro. Per evitare che in campo finissero a pensare ai tifosi in coda per un biglietto, alla polemica social per i bagarini on line che un minuto dopo il sold out rivendevano i tagliandi di curva a 400 euro e alla rabbia di chi — pure per questo — col Liverpool non ci sarà, la partita col Genoa l’ha giocata chi è sicuro o quasi di far lo spettatore in Champions. Considerato pure che tra i pensieri dell’allenatore, c’era anche quello di evitare estenuanti fatiche alle star perché possano darsi da fare martedì a Liverpool. Ma le rinunce a De Rossi (meglio, quando c’è Lapadula, visti i precedenti dell’andata), Strootman e Nainggolantutti insieme ha rischiato di pesare fin troppo, nonostante la rassicurazione preventiva di El Shaarawy («al Liverpool penseremo da domenica » ): quasi una excusatio non petita. Alla fine è più probabile che sia vera la ricetta di Alisson: « Tra noi, la Lazio e l’Inter, in Champions andrà chi farà meno errori ».