(L. Romandini) – La Roma perde la sua voce simbolo, le sue urla e le sue emozioni, Carlo Zampa, “The Voice of Rome” così soprannominato dai suoi affezionati fan, non potrà più commentare le partite della Roma. Dopo oltre 35 anni di carriera, passati a raccontare l’ambiente giallorosso prima in radio, poi da speaker allo stadio e negli ultimi 11 da telecronista, si ferma. Il motivo? La non-acquisizione dei Diritti TV della Serie A da parte di Mediaset Premium, prima rete a credere nel racconto della partita da parte del telecronista-tifoso. “Perfom e Sky Italia avevano già i loro cronisti – ha chiarito Zampa – io purtroppo, a malincuore, mi devo fermare”.
L’INTERVISTA — Una delusione palpabile quella che emerge dalle parole del commentatore che ha fatto della passione per la sua squadra, il vessillo da innalzare orgogliosamente durante ogni telecronaca. La sua carriera, 35 anni proprio quest’anno, è stata costellata da grandissime soddisfazioni. “Per me è stato coronare il sogno di una vita; se segui la Roma da sempre, se tifi questa squadra e in più ti danno la possibilità di poterla raccontare, diventa la cosa più bella del mondo”.
Cosa ha provato la prima volta in cabina di commento e la prima da speaker per la Roma?
“Per una settimana non ho dormito, dovevo raccontare Roma-Como (finita poi 1-1). Era il settembre del 1984. Sono emozioni che è difficile dimenticare. Come speaker rivoluzionai alcuni aspetti di questo mestiere, abbiamo lanciato una sorta di moda. Sarò sempre grato a Franco Sensi per avermi dato la possibilità di poter annunciare la formazione della mia Roma, a partire da quel freddo San Valentino del 1999”.
I soprannomi ai calciatori sono un suo marchio di fabbrica …
“Sono stato facilitato dalla mia famiglia, infatti non ho mai sentito mio padre chiamare mia madre con il suo nome. Dare soprannomi era un gesto affettuoso, di vicinanza, e così ho fatto io, ho portato il mio affetto ai calciatori. L’ho sempre fatto con grande spontaneità e naturalezza. Dal “Puma” (per Emerson) a “The Wall” (per Samuel), da “Il Re Leone” (per Batistuta) a “Il Pendolino” (per Cafù) quelli rimangono non solo nella memoria dei tifosi ma anche in quella dei giocatori. Damiano Tommasi ha addirittura chiamato “Anima Candida” (soprannome con il quale lo chiamavo) uno dei vini, prodotti dalla sua azienda vinicola.
Qual è stato il ricordo più esaltante e la delusione più cocente nella sua carriera?
“Il ricordo più bello è in assoluto lo Scudetto, niente riuscirà a battere quelle emozioni. L’ho vissuto da cronista, da speaker e da tifoso della Roma, non potevo chiedere di meglio. Una grande delusione è sicuramente la sconfitta in casa per 2 a 1 contro la Samp, in quel 25 aprile del 2010. Il gol di Pazzini ha infranto un sogno, quella Roma di Ranieri meritava lo Scudetto”.
La domanda su Francesco Totti è d’obbligo, cosa ha rappresentato per lei il capitano?
“Io l’ho visto crescere, ti dico solo che la prima partecipazione in televisione la fece a Tele Oro, andai io a prenderlo a casa. La grandezza di Totti è Francesco, è la persona che è riuscita nel tempo ad andare oltre lo straordinario campione che era in campo. Non si è fatto travolgere dal successo e ha gestito il tutto con la grande semplicità che lo ha sempre contraddistinto. Francesco rimarrà il capitano e sopratutto rimarrà eterno. Il suo addio per me è stato un dolore immenso, le lacrime sul 3-2 contro il Torino, quando Francesco entrò dalla panchina e in 5 minuti risolse una partita complicatissima, erano sincere perché sentivo la sua sofferenza negli ultimi mesi con Spalletti. I due pallonetti, uno all’Olimpico contro Peruzzi e l’altro a San Siro contro Julio Cesar, sono sicuramente i due gol più belli che io abbia mai visto.
E adesso Carlo, cosa le aspetta?
“Continuerò con la mia amata radio, racconterò sempre con tutta la sincerità possibile il mio amore per la Roma. E poi, riparto da quella tessera dello Junior Club da 500lire per l’acecsso in curva che mio padre mi regalò quando ero un ragazzino. Ora tornerò allo stadio, da tifoso come tutti, ma le mie urla continueranno a farsi sentire”.
Fonte: Gazzetta.it