C’è un’unica certezza: la squadra di Roma-Barcellona non esiste più. Nel gioco, negli uomini, nella spina dorsale. Metà di quel gruppo di big che l’ha trascinata – Alisson, Nainggolan, Strootman – è partito. Un errore averli ceduti? Forse. Ma ancor più sbagliato sarebbe passare le prossime trentaquattro giornate di campionato a piangere il lutto, scrive Paola Di Caro su “Il Corriere della Sera”. Nessuno – i giocatori più esperti così come i ragazzi – ha quelle caratteristiche calcistiche e di personalità. Per questo motivo siamo a un bivio: si può insistere con una squadra ibrida fatta di quel che resta dei senatori, visibilmente intristiti, a tratti stanchi, a volte rassegnati, oppure si può tentare la rivoluzione: hai investito sui giovani e allora tocca ai giovani.
Se Dzeko è stanco, gioca Schick. Se cambi mezzala, entra Zaniolo. Se Kolarov arranca, tocca a Luca Pellegrini. Se le ali si afflosciano, a Kluivert. Tutti insieme? Anche, se serve. Le prenderai? Le prenderanno? Possibile. La prima volta. Forse pure quella dopo. Di Francesco lo ha saputo fare da maestro al Sassuolo, prima di arrivare qui. Comunque vada, non farà mai più male di un pareggio contro il Chievo.