Undici campionati in due, 800 milioni spesi sul mercato, 300 milioni di ricapitalizzazioni. E nessun titolo. Almeno in questo, Joey Saputo e James Pallotta si assomigliano: sono loro gli uomini che hanno fatto di Bologna-Romail primo derby “americano” d’Italia, come riporta Matteo Pinci su La Repubblica.
Entrambi convinti a investire qui da Joe Tacopina, ci hanno poi litigato. Non ci sarà nessuno di loro oggi allo stadio Dall’Ara, normale per proprietari lontani.
“Una squadra di cui andare fieri”, prometteva il canadese, leader di un impero da 11,2 miliardi di fatturato annuo, quando nel 2014 rilevò il Bologna. “Vorrei il titolo entro cinque anni”, la dichiarazione d’intenti dello statunitense, che nell’agosto 2011 subentrò a Unicredit nel capitale della Roma, che presiede dal 2012. Propositi rimasti incompiuti.
A Roma l’iter è in bilico, tra l’obbligo di trovare acquirenti “vergini” per Tor di Valle (ci sono offerte straniere) e il rischio per la sindaca 5S di trasformare il via libera in un boomerang politico.
Nell’attesa, i risultati latitano. Pallotta è sotto accusa e bersagliato di cori: i tifosi vorrebbero trofei, la Roma s’è accontentata di piazzamenti Champions utili a far impennare i ricavi. Da quest’anno beneficerà di sponsorizzazioni sensibili ma fino a ora per sopperire allo squilibrio gestionale (oltre 200 milioni i costi annuali), ha venduto calciatori: 680 milioni in 7 anni, spendendone 691. Pallotta ha ricapitalizzato con due tranche da 100 milioni, non proprio briciole. Saputo ne ha versati 100, altri 31 ne metterà e il Bologna viaggia verso il pareggio di bilancio (chiuderà a -5 milioni) dopo aver ridotto progressivamente il rosso. Ma anche i risultati: 14°, poi 15°, infine 16°. Ora, 1 solo punto in 4 gare. E Inzaghi trema.