(E. Menghi) – Anime gemelle che si sono promesse amore ma non si sono mai strette la mano, la Roma e Ancelotti si sono sfiorati più volte senza mai “combinare”. Eppure il gradimento era reciproco, da un lato il club cercava un tecnico di altro profilo, come il suo, dall’altro il 59enne di Reggiolo strizzava l’occhio ai giallorossi e capitan Totti, che a sua volta desiderava di farsi allenare da lui: “Avrei voluto lavorare con Ancelotti, sicuramente. Ci è mancato poco”, diceva l’allora 38enne numero 10. “Non ora”, la risposta che si ripeteva di stagione in stagione, fino a diventare un sogno infranto. Nel frattempo Francesco ha smesso di giocare e Ancelotti ha scelto di tornare in Italia, ma non su una delle sue panchine preferite: “O Milan o Roma”, ripeteva quando gli veniva chiesto della serie A, perché se proprio doveva lasciare le miniere d’oro e trofei di Chelsea, Psg, Real Madrid e Bayern Monaco sarebbe dovuto essere per un “vecchio” amore. Il Milan con cui trionfò in campionato, Coppa Italia e Supercoppa italiana tra il 2001 e il 2009, la Roma con cui fu grande protagonista in campo tra il 1979 e il 1987, vincendo lo scudetto nell’83.
In quella squadra aveva un grande amico con cui divideva la stanza, Bruno Conti, ed è con lui che si fece una lunga chiacchierata nel 2005, quando allenava i rossoneri e stava pensando di lasciarli in caso di successo in Champions League. I tifosi milanisti sanno bene come andò a finire quel 25 maggio a Istanbul. Non era destino, si vede, e nella capitale arrivò Spalletti. Un altro contatto, più approfondito, ci fu nel 2011, durante l’interregno di Di Benedetto. A parlarci quella volta fu Baldini, allora direttore generale (ora consulente dimissionario), ma quando si entrò nel merito dei programmi le parti si accorsero di essere distanti e il tecnico, che voleva Pirlo e Buffon in giallorosso, decise di restare al Chelsea (per 6 mesi) prima della frattura definitiva con Abramovich. L’ultima possibilià, in ordine cronologico, la Roma l’avrebbe avuta proprio l’estate scorsa, ma il tempismo non era perfetto: Di Francesco si era meritato la conferma, e Ancelotti è finito a Napoli. Lo stesso tecnico romanista è un estimatore del suo prossimo avversario, quando la Nazionale cercava il sostituto di Ventura non aveva esitato a fare il suo nome: “Sarebbe una garanzia per il futuro dell’Italia”. Lo è diventato solo per una parte dello stivale, quella Napoli che quest’anno è la vera anti-Juve e in Europa brilla in casa del temuto Psg.
Ora lo scontro diretto con la squadra che avrebbe potuto allenare e invece sfida per la 32esima volta in carriera (solo la Lazio ha incorciato più volte, 33), con il 4o club diverso dopo Milan, Parma e Juventus: il bilancio è di 11 vittorie, 11 pareggi e 9 sconfitte, l’ultima volta (24 maggio 2009) è finita 3-2 per i giallorossi a San Siro, gol di Riise, Menez e… Totti. Il suo sogno proibito.