(M. Ferretti/U. Trani) – Dieci sconfitte in ventisette partite ufficiali, ventitrè di campionato, le due di coppa Italia e le due di Europa League. Un bilancio negativo, per la Roma di Luis Enrique. Sono ancora troppo le cose che non vanno, e il discorso riguarda sia la sfera tecnica che quella tattica, senza dimenticare l’aspetto psicologico di un rendimento così altalenante. Un gruppo incompleto, un allenatore che ancora deve capire per bene il calcio italiano, e che è stato smascherato dai suoi colleghi e una rosa emotivamente non all’altezza degli impegni: è arrivato il momento di fare un’analisi seria per non cadere negli stessi errori nella prossima stagione.
Tanti i giocatori inadeguati – La Roma è incompleta: in estate serviranno innesti in ogni settore. Sarebbe stato giusto intervenire già a gennaio. Muovendosi in anticipo, sarebbero anche aumentate le chance per arrivare al terzo posto. Traguardo che ha un significato vitale per la nuova proprietà, come ha spiegato l’ad Fenucci ai margini dell’ultima assemblea dei soci: «Con la Champions i ricavi aumenterebbero del trenta per cento». Rimandato il completamento dell’organico di qualche mese, è chiaro che già oggi le idee devo essere chiare per rendere competitiva la Roma. Spetterà a Baldini e a Sabatini (quest’ultimo ha preso tempo sul rinnovo del contratto) trovare gli uomini giusti per ogni reparto. A parte il portiere, la difesa è da rifondare. L’unico terzino affidabile è Taddei. Se solo il brasiliano, spostato dall’attacco in difesa, dà garanzie, figuriamoci quanto sia necessaria una nuova coppia di laterali. Ma anche al centro serve almeno un rinforzo. Perché Kjaer non può essere riscattato, perché Juan troppo spesso risulta indisponibile, perché Burdisso deve recuperare da un grave infortunio e perché Heinze non è giovane e nemmeno si sa se resterà. A centrocampo, per ogni ruolo, bisogna avere un’alternativa che oggi non esiste. Vanno bene Gago, De Rossi e Pjanic. Dietro di loro c’è poco o niente: Viviani è acerbo e va mandato a fare esperienza, Simplicio è discontinuo, Perrotta non ha le caratteristiche per il gioco di Luis Enrique e Greco non è cambio da grande squadra. Ci sarebbe, per la verità, anche Marquinho, in prestito per sei mesi. Che sei non sono. Perché il campionato finisce a metà maggio, mancano solo 15 partite e il brasiliano non è ancora pronto. Anche se lo fosse al più presto, gli resterebbero al massimo due mesi e mezzo. In attacco, invece, manca il centravanti di peso. Con Osvaldo in campo, nel finale della gara di Siena è stato spostato in avanti Kjaer per fare la prima punta. A conferma che per quel ruolo non c’è nessuno. Per prenderlo, basterà rinunciare a Bojan.
Smascherato il gioco di Luis – Possesso palla: 70 per cento. Supremazia territoriale: 81 per cento. Passaggi riusciti: 576 per il 74,4 per cento. Sonole statistiche della Roma nella gara di Siena. Impressionanti per il dominio assoluto nell’iniziativa e nella fase offensiva. Ma c’è anche un altro dato.Allarmante in funzione del risultato: un’occasione da gol e basta.Solo fumo, dunque, e niente arrosto. Adesso l’aspetto tattico va preso di petto. Per essere risolto. La sintesi di molte partite è ormai nota: gioca la Roma, segnano gli avversari. Solo Ranieri, tra i tecnici incrociati nelle ultime gare, non ha capito l’atteggiamento della squadra di Luis Enrique (ieri confronto telefonico con Baldini). Per creare problemi alla Roma basta mettersi nella propria metà campo, chiudere le fasce con terzini ed esterni, avere compattezza in mezzo con i mediani e lasciare il pressing solo agli attaccanti. Quando i giallorossi finiscono nella rete, perché non alzano il ritmo, e perdono palla, eccoli che restano a osservare il lancione lungo per le punte che prima o poi segnano. Va a finire spesso così. E’ successo, ultimamente, a Torino contro la Juve in Coppa Italia, contro il Catania fino al diluvio e alla sospensione, a Cagliari, contro il Bologna all’Olimpico e lunedì sera contro il Siena. Quest’ultima partita, la peggiore e non solo per il dg Baldini, ha certificato l’involuzione del gruppo di Luis Enrique. Al Franchi, come al solito, tanti pericoli per Stekelenburg. Ma nella circostanza niente occasioni per segnare. E’ tutto qui il passo indietro. Qualcosa, però, per sfondare il muro degli allenatori attendisti va trovato. Molto dipende dai singoli. L’uno contro uno, lo ha detto anche Luis Enrique, è fondamentale per avere la meglio. A Siena solo Lamela, però, è riuscito a saltare l’uomo. Gli altri, compresi i difensori e i centrocampisti, no. Per mancanza di personalità e di qualità. Quando gli interpreti steccano, toccherebbe all’allenatore inventarsi altro. Ma, a quanto pare, all’asturiano non va di modificare l’atteggiamento.
Squadra psicologicamente fragile – C’è un dato che, analizzando l’altalenante rendimento della squadra, non può esser trascurato: la Roma, con la sola eccezione della partita casalinga contro il Bologna, ha sempre perso quando è passata in svantaggio. Il motivo? Anche di natura psicologica, probabilmente. Perché la squadra non riesce a reagire come dovrebbe quando subisce il trauma di passare in svantaggio. Eppure, nello staff di Luis Enrique non manca la figura del mental coach, Antonio Llorente, ma il suo apporto alla causa finora è stato insufficiente.Non v’è dubbio, del resto, che se un gruppo che lavora anche con un uomo che allena le teste e fa fatica a reggere l’urto di un colpo negativo vuol dire che l’aiuto del mental coach non è pari alle aspettative. Oppure che il gruppo non è pronto a recepire gli input dello psicologo. Sta di fatto che i risultati maturati finora non ammettono troppe incertezze: la Roma psicologicamente è fragilissima, con alcuni elementi che fanno una fatica enorme a recuperare l’autostima perduta. È anche vero che in squadra ci sono tanti giovani (l’altra sera a Siena in campo da titolari c’erano due ’92 e un ’91) e questo potrebbe spingere a pensare che è il deficit psicologico è legato all’età di alcuni protagonisti, ma a questo va aggiunto che al fianco di quei ragazzini ci sono calciatori (molto) più esperti, navigati che in qualche modo dovrebbero ovviare alle insufficienze altrui: in realtà, questo è accaduto raramente. Se le cose in avvio vanno bene, vedi la partita contro il Cesena, poi tutto fila a meraviglia, la squadra gioca che è un piacere e dà spettacolo; se le cose si complicano, invece, sono dolori, come accaduto a Siena e come era accaduto a Cagliari dove la Roma era riuscita a pareggiare e poi a passare in vantaggio dopo aver subito il gol dei padroni di casa per poi chiudere la partita con quattro gol sul groppone.