(M. De Santis) – Quel che è successso è successo, ora bisogna salvare il salvabile e lavorare per completare un progetto solo scarabocchiato. La doppietta laziale nei derby mette a nudo tutti i limiti della Roma attuale: un po’zoppa, un po’ monca, un po’ votata all’autolesionismo, un po’ anche sfortunata ma soprattuto ancora troppo acerba per competere per qualcosa di grande. Daniele De Rossi, con la faccia e con lo sguardo un po’ così, inizia a parlare del derby e straripa toccando il recente passato, spiegando il presente non proprio felicissimo e tracciando le linee guida da seguire per il futuro. «Non è solo una sconfitta contro la Lazio, ma siamo anche più lontani dal terzo posto. Anzi, è quasi un addio alle nostre ambizioni di Champions. Era già difficile prima e ora lo è ancora di più. Finora i tifosi hanno avuto tanta pazienza con noi, spero che ce la conservino sino alla fine del campionato». Se non è una resa, poco ci manca. «La Lazio a +10? La classifica parla chiaro, hanno vinto molte più partite di noi e sono più in alto. Noi ci abbiamo provato, ma a questa Lazio, più forte e più squadra di noi, non si può concedere un uomo. Dell’arbitro non parlo, ma giocare in dieci e dover rinunciare a uno come Lamela è stato frustrante». Il bilancio, ora come ora, è magrissimo: «Essere fuori da tutto è deludente. C’è qualcosa che non va, anche se i conti si fanno a maggio. La squadra è cresciuta, ma è ancora troppo altalenante e giovane. Adesso, per fare una grande Roma, abbiamo bisogno d’esperienza. La personalità non si trova nei ragazzi della Primavera, ma nei campioni. Il Milan, ad esempio, vince con Ibrahimovic. Ora, però, non sto dicendo prendere Ibra. Il progetto, proprio perchè tale, ha bisogno di tempo per essere produttivo. Io ci credo, non è una partita che cambia i programmi o la stima in un allenatore». Taddei, invece, preferisce prendersela con Bergonzi: “Noi non ci lamentiamo, ma l’arbitro ci ha danneggiato: non so quali regole seguiva». C’è sempre qualcosa che non torna.