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IL ROMANISTA. Genoa per noi significa soltanto vittoria

Borini segna il primo gol con la Roma contro il Genoa

(C. Zucchelli) – Guai a guardare la classifica. Oppure guardatela e guardiamola per capire che tanto, se non tutto, è ancora possibile. L’Europa è lì. Ancora. A patto però di uscire dall’Olimpico stasera sulle note di “Grazie Roma” che significherebbero solo una cosa: tre punti, Genoa a casa e dieci partite per crederci ancora. A cosa? Al terzo posto? Forse, magari. Quantomeno ad evitare di giocarsi l’anno prossimo solo il campionato e la Coppa Italia, fosse anche l’Europa cosìddetta minore (che poi minore non è). La Roma scende in campo alle 20.45 per il terzo Monday Nightdella stagione: finora ha raccolto un pareggio, contro la Juve, e una sconfitta, a Siena. Manca la vittoria, da raggiungere contro un avversario ostico ma non impossibile, decimato dalle assenze e incapace nella sua storia di uscire dall’Olimpico giallorosso con una vittoria. Scongiuri a parte – e a Trigoria ieri li hanno fatti eccome – la tradizione va rispettata.

Già era doveroso prima, dopo i risultati di ieri lo è ancora di più. Il Cataniadi Montella, stessi punti finora della Roma, ha messo in cassaforte la salvezza e ha fatto, grazie a Dio e a Legrottaglie, un regalo ai romanisti,Milito lo ha imitato, il Napoli ha pareggiato con l’Udinese. Non serve guardare la classifica con troppa attenzione, come dice di (non) fare Luis Enrique per capire quanto sia importante vincere stasera. All’Olimpico, a casa, dove la Roma ritorna dopo il ko nel derby e senza il suo uomo più forte, Totti, fermato da un problema muscolare e al lavoro per esserci sabato a San Siro contro il Milan. Per un’assenza che peserà un rientro atteso, quello di Dani Osvaldo che non segna da tre mesi e che, dicono a Trigoria, sia anche parecchio incazzato per questo digiuno. Bene, benissimo. La rabbia e la cattiveria dovranno essere gli stimoli in più di stanotte. Borini ce l’ha nel Dna, di De Rossi neanche a parlarne oppure parliamone e ricordiamo quando nel 2008 segnò il rigore decisivo di un sofferto 3-2, pure Lamela non è serenissimo: gli manca il gol (uno solo in campionato datato 23 ottobre), le critiche che ha sentito sul suo conto nelle ultime settimane lo hanno ferito, a Palermo è stato uno dei migliori e oggi, nel ruolo di trequartista che è quello che preferisce, è chiamato anche lui a dare qualcosa in più.

Rabbia e cattiveria. E quindi inevitabilmente Gabriel Heinze. Quella contro il Genoa sarà la venticinquesima presenza ufficiale per lui: un numero importante, un numero che significa rinnovo automatico del contratto per un’altra stagione. Resterà anche l’anno prossimo? C’è chi dice di sì e chi invece, soprattutto in Argentina, lo dà già con i bagagli pronti. Lui sta zitto, osserva e gioca. È arrivato quasi per caso, è diventato un leader.

Soprattutto adesso che il compagno di reparto non è più Juan ma il giovane e insicuro Kjaer. Forte, dice chi lo vede adesso e chi lo ha visto in passato. A Roma lo ha dimostrato poco, a Palermo è sembrato in ripresa e stasera è chiamato a un’altra prova. Il carattere prima di tutto. Visto che torna dopo quattro mesi all’Olimpico da titolare. Inutile aggiungere altro. Inutile aggiungere altro anche a quanto conta questa partita in questa settimana qua. Quella che si è aperta col successo di Palermo, è proseguita con l’accordo ormai solo da ufficializzare con la Disney e si è conclusa con una storia di truffe vere e presunte che chi ama la Roma non può e non vuole neanche prendere in considerazione. Lo hanno fatto a Trigoria, giustamente, ma hanno cercato di tenere la squadra isolata da tutto e tutti. Luis Enrique in particolare ha preteso questo da e per i suoi giocatori. Lo ha ottenuto. Lui la classifica non la guarda, dice, ma sa perfettamente che stasera la vittoria varrebbe tre punti e anche qualcosa in più. Genoa per noi è stato un ritornello lungo 9 giorni. Significa solo una cosa: la vittoria.

 

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