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CORRIERE DELLA SERA Attenzione agli equivoci, solo chi ha i campioni vince

Franco Baldini

(M. SCONCERTI) – Sta prendendo corpo in Italia una piccola deriva populista a proposito dei giovani. Tutti dicono che il futuro è nelle squadre piene di ragazzi di talento. Prima era un progetto per chi non poteva avere grandi ambizioni, ora sembra la conquista di chiunque arrivi a un capolinea. Non c’è niente di male, anzi, il progetto è sano. Ma raramente ha permesso di vincere qualcosa. Una squadra vincente non ha la gioventù o la maturità fra i suoi ingredienti fondamentali. Deve solo essere piena di ottimi giocatori, qualunque età abbiano. Quasi sempre anzi, a 20-22 anni si ha un rendimento inferiore rispetto ai 28-30. Gli esempi sono infiniti. Del Piero giovane segnò 22 reti in tre campionati, negli stessi campionati a 30 anni ne segnò 47. Totti giovane (dai 20 ai 23) segnò 32 reti in 88 partite. A 30, 55 nelle stesse 88 gare. Ibrahimovic a 20 anni vedeva con molta difficoltà la porta. Toni a 23 anni giocava ancora tra la C e la B. Perfino Cristiano Ronaldo e Messi stanno crescendo con l’età. Perché allora si parla tanto di squadre giovani anche ad alto livello? Perché è diventato molto costoso, insostenibile, costruire squadre vere, con gli ingredienti corretti. Allora si deve sperimentare, ingolosire la gente con progetti alternativi non potendole più dare progetti di sostanza. Puntare sui giovani per una grande squadra significa ridimensionare il presente. Va bene per la Roma, che parte da dietro nei finanziamenti e deve sperare di aver costruito una squadra quando finiranno quelle dei migliori avversari. Infatti è sesta e nessuno protesta. Ma non può andar bene per l’Inter se vuole rimanere competitiva. I giovani bravi stanno bene nelle immediate vicinanze dei grandi giocatori, pronti a levar loro il posto, ma non a sostituirli come progetto. Nel calcio conta sempre il presente, il futuro dipende troppo poco da noi. Cresci un giovane e te lo portano via. Sei pronto per vincere e si è compiuto nel frattempo un altro avversario. C’è un brutto infortunio.

Ci sono giovani che hanno valore assoluto fin da quando hanno 16 anni, ma sono pochissimi e costano comunque già quasi quanto i grandi giocatori esperti. Fanno molto sperare, questo sì. Ieri all’Olimpico c’erano 20 mila persone a vedere la finale di Coppa Italia tra Roma e Juventus. Ma quando vuoi vincere, devi prendere Ibrahimovic e Vieiracome fece Mancini all’Inter sei anni fa, non ci sono strade alternative. A meno che non sia tutto il movimento a fare un passo indietro. Forse è questo che sta accadendo da noi, sta scendendo la qualità dei giocatori, i termini assoluti stanno diventando flessibili e non possiamo permettercene di più rigorosi. Ma anche questo permetterebbe di risparmiare, non di vincere. Questo progressivo spostare l’attenzione sui giovani anche delle grandi squadre ha nel frattempo già sconvolto i nostri vivai. Fino a pochi anni fa erano le squadre di provincia che producevano ragazzi per tutti. L’Atalanta, il Chievo, il Lecce, le squadre venete in genere. Oggi i campionati giovanili sono dominati dalle grandi squadre che poi danno alle squadre di provincia i loro migliori giovani. Cosa è successo? Che comprando dovunque e molto i ricchi, i meno ricchi sono stati quasi costretti a rinunciare a competere. Il vivaio non è più una scuola, è già una simulazione della prima squadra

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