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AS ROMA. Sabatini: “Miglior acquisto? Pjanic. Osvaldo generoso e regala gol”

Walter Sabatini

Il direttore sportivo, Walter Sabatini, ha rilasciato una lunga intervista al sito romanews.eu.

Domenica prossima la Roma sfida il Palermo. Per lei un nuovo tuffo nel passato, subito dopo la partita contro la Lazio…

“Si, ma questo è molto più sentito. Il Palermo è stata la mia utopia, solo parzialmente realizzata… Pensavo che potesse essere un laboratorio permanente per produrre risultati con un certo metodo e in parte ci siamo riusciti. Due anni fa abbiamo sfiorato la Champions e poi sciaguratamente la Roma ha perso con la Sampdoria. Ero davanti alla tv e tifavo vergognosamente per la Roma, ovviamente per un mio interesse personale. Dopo il primo tempo potevano stare 6 a 0 e a me serviva che la Samp non facesse i 3 punti. Anche col pareggio saremmo passati noi, per questioni di differenza reti. Dopo un finale di primo tempo da 5 a 0 avevo una leggera inquietudine, ma non potevo immaginare che sarebbe finita in quel modo: 1 a 1 e poi 2 a 1… Vedevo Ranieri in panchina che diceva ai giocatori: ‘Perdere è come pareggiare’. E io pensavo: ‘No il pareggio va benissimo!’ (ride). Poi la Roma ha perso quella partita e il Palermo, la domenica successiva, non ha vinto lo scontro diretto con la Samp. Ecco, la mia utopia calcistica si sarebbe realizzata compiutamente. La Champions a Palermo era il mio obiettivo: arrivarci con un metodo e delle scelte particolari; con un allenatore demiurgo e via dicendo… Ho avuto grande rammarico per questo percorso non realizzato, ma sono stati tre anni molto belli. Anzi l’ultimo è stato dimezzato visto che mi sono dimesso a dicembre”.

Il suo Palermo era allenato da Delio Rossi. E’ stato un rammarico non poterlo portare alla Roma?

“No, non poteva essere l’allenatore della Roma per tutta una serie di considerazioni. Non perché non abbia lo spessore per allenare la Roma… E’ che la Storia è Storia. Non aveva il profilo per allenare la Roma. Il valore di Delio Rossi è da Roma e anche da Inter, ma le caratteristiche che cercavamo erano diverse”Zamparini ha paragonato Roma e Palermo, definendoli due ‘cantieri in costruzione’.

Condivide questa affinità tra i due club?

“Il Presidente ha molto buon senso, nonostante le iperboli che ogni tanto tira fuori. E’ assolutamente vero che la Roma è in costruzione, non solo nella scelta dei giocatori: acquisizione di mentalità, voglia di giocare un certo tipo di calcio, di imporre una cultura alternativa. Non voglio tornare sulle parole ‘progetto’ o ‘rivoluzione culturale’: quando li ho usati avevano funzionalità, ora siamo dentro alle cose che stanno nascendo tutti i giorni. Le scelte che sono state fatte a monte sono state rivoluzionarie. Io prima sono sceso negli spogliatoi con Franco Baldini ed è successa una cosa che è veramente rivoluzionaria, anche se sembra minimale: tutta la squadra, che alle dieci e mezzo deve scendere in campo, alle nove e quaranta era già a disposizione. Tutti presenti, ognuno con le sue forti motivazioni ed il lavoro introduttivo all’allenamento. Sono certo che questo sia rivoluzionario: è la cultura del lavoro ed è stata trasferita nei giocatori dall’allenatore”

Dunque, i giocatori stanno acquisendo le regole di Luis Enrique. La Roma, in percentuale, a che punto è del percorso che avete programmato?

“Il progetto tecnico-tattico è al 50%, ma le abitudini e i comportamenti ormai sono vicini alla perfezione, anche se la perfezione non è né del calcio né della vita. Siamo vicini al modello che vogliamo, diciamo che da questo punto di vista siamo all’ 80%. Merito dei calciatori e dell’allenatore:  hanno un rapporto che posso dire autorevole, non autoritario… Direi empatico, un rapporto diretto. Non c’è accettazione pigra dei suoi dettami, c’è accettazione reale. I ragazzi riconoscono l’autorevolezza dell’allenatore. Questo ci induce a pensare che la Roma abbia un futuro importante davanti a sé, con questo gruppo di lavoro”.

Chi del ‘suo’ Palermo potrebbe giocare in questa Roma?

“Non voglio fare nomi particolari, non voglio ferire nessuno. E’ inevitabile che dicendone uno andrei a colpire chi gioca qui nello stesso ruolo. Anche se il profilo e la caratura tecnica per giocare con noi ce l’hanno in tanti da quelle parti”.

Si dice che la Roma andrà valutata dopo Natale. E’ una valutazione che condivide?

“No, io aspetto la prossima partita della Roma per valutare la Roma. Andiamo un passo alla volta. Mi sembra improprio prendermi dei tempi troppo comodi: la Roma esiste, non è una promessa. La gente non deve percepirla come una promessa, è una squadra in attività e deve produrre il risultato. Ha la qualità e le caratteristiche per farlo. Sarebbe comodo parlare di programma triennale, ma la gente non vuole sentire queste cose. I tifosi sono più maturi di noi, non hanno bisogno di messaggi per stare tranquilli. Loro hanno capito tutto. Gli sportivi della Roma sono andati oltre la nostra ‘rivoluzione’; la stanno facendo loro la vera rivoluzione, dimostrando pazienza, tolleranza, ottimismo. Sinceramente sono sbalordito: ci hanno superato e ora siamo noi a doverci adeguare a loro! La Roma non è di DiBenedetto, di Baldini, o di Sabatini: è della gente. E la gente è andata oltre”.

Si dibatte sul cambio di rotta intrapreso nelle ultimissime partite a livello tattico: la squadra fa meno possesso e più verticalizzazioni. Diciamo che si è un po’ italianizzata. Luis Enrique sta tornando sui suoi passi?

“No, è un aggiustamento fisiologico e non credo che il tecnico sottoscriva al 100% questo atteggiamento della squadra. Combattono per trovare la giusta sintesi. Con la Lazio abbiamo giocato troppe volte con palla lunga evitando il fraseggio. E’ un problema di sintesi, è quello che sta cercando Luis Enrique tutti i giorni e che troverà: è troppo motivato, preciso negli interventi, chiaro nell’esposizione del proprio pensiero calcistico per non farcela. Siamo in attesa di trovare la sintesi più proficua tra l’essere una squadra un po’ barocca ed un’altra mortifera e verticale. La stiamo cercando e sono certo che la troveremo”.

Chi tra i nuovi arrivati si è calato meglio nella nuova Roma ed ha già ricambiato la fiducia di Luis Enrique?

“Sicuramente Pjanic : è entrato con tranquillità ed autorevolezza negli schemi della Roma.  E’ arrivato e non è mai uscito dal campo. Lo preferisco nel ruolo di intermedio, ma è bravo anche in altri settori, in particolare a trequarti campo. Ha giocato subito con la serenità richiesta, quella che serve per stare nella Roma. Anche gli altri hanno dato segnali. Lo stesso Kjaer, criticato in maniera esagerata dopo il derby, ha dato segnali. Gago, poi,  ha giocato una buonissima gara contro la Lazio. Credetemi, tutti hanno dimostrato da essere da Roma”.

Osvaldo merita un discorso a parte: tanti gol, tanto scetticismo e la fiducia di Luis Enrique…

“Nelle sue prestazioni rilevo una caratteristica che lo assolve a prescindere: è generoso ed  regala gol. Segna con una continuità che tranquillizza poi, è  generosissimo. Contro la Lazio, ha combattuto come un leone, ha recuperato palloni a tutti campo. Dentro ci sta mettendo cuore, forza, e massima disponibilità”.

Tutto chiaro. Qualcuno, però, si domanda ancora cosa abbia in più di Borriello…

“Marco ha fatto sempre bene quando ha giocato. Arriverà il suo momento e farà le stesse cose che sta facendo Osvaldo. Siamo contenti che sia qui con noi, ma anche consapevoli che non sta vivendo un periodo facile.  E, in attesa che arrivi il suo momento, potrebbe avvilirsi un po’ e cadere in depressione…”.

Una ‘depressione’ che curerà qui a Roma o altrove?

“La curerà qui, ne sono certo. Serve solo una coincidenza fortunata. Borriello rimarrà a Roma, a meno che non debba convivere con uno stato d’animo totalmente negativo. Ma lui è propositivo e orgoglioso, non rinuncerà ai colori giallorossi”.

Lamela è erede di Totti?

“Il Totti del domani non è ancora nato. Francesco è un giocatore insostituibile e nessuno che potrà agire al suo posto. Ci sono calciatori che non possono essere surrogati: Maradona non è mai stato surrogato, Rivera lo stesso e Totti non lo sarà mai. A prescindere dal valore di Lamela, che è innegabile”.

Kjaer:  lei lo ha voluto fortemente.  Dopo quanto accaduto nel derby crede sia sempre un giocatore da roma?

“Facciamo chiarezza: tutti i giocatori li ho voluti io. Ho questa foto (indica il quadro che ritrae i nuovi arriva ndr), che non espongo per rispetto verso gli altri, visto che sono il direttore sportivo di tutti, anche delle ragnatele che sono qui a Trigoria. L’ho portato qui e per forza credo che sia da Roma. Sta facendo e ha fatto errori, ma li correggerà, perché ha doti intrinseche straordinarie. Fisicità e velocità, impatto e tante altre cose. Paga un dazio altissimo per un errore letale in una gara delicata e per ottenere il perdono dovrà fare una serie di prestazioni senza sbavature. Ma avrà tempo e modo di farlo.”

Quanto tempo ci vorrà?

“Bisogna che faccia una serie di partite importanti, bisogna che capisca e lavori in allenamento per correggere le distrazioni in cui cade. Lo considero un patrimonio della Roma. Poi,  a fine anno, vedremo cosa accadrà. La Roma nasce per andare avanti. E’ venuto in prestito con opzione di acquisto e bisogna dargli tempo e modo di farsi apprezzare. Quando giocherà come sa fare e, in parte già lo ha dimostrato, ne riparleremo. Ho in mente ancora  tutti i titoli dei giornale dopo la partita con l’Inter. Se  è in grado di fare una grande partita,  dobbiamo metterlo nella condizione di fare normalmente grandi partite. Dipende da noi: dall’ambiente, dai compagni.”

Heinze,  nel  rapporto qualità prezzo, è stato il migliore acquisto della Roma?

“Non riesco mai a fare ragionamenti commerciali sui calciatori. Non è un mio modo di pensare al calcio. Quando penso ai 9-10 nuovi arrivi della Roma , è come se li avessi mo pagati 4 milioni ciascuno. E’ un conto grossolano e se mi sente Fenucci mi straccia il cartellino…  Questo però è il costo medio dei nuovi acquisti della Roma. L’acquisizione di Heinze è stata veramente importante, per il suo valore e per quello che trasmette al gruppo per lui ogni allenamento è una partita ed è straordinariamente generoso con i compagni. Prodigo di consigli verso i compagni, una scelta giusta”.

Già, oggi conta quasi più di Juan, che tutti descrivono come un giallo: se ne andrà a gennaio?

“Oggi nessun giocatore della Roma è sul mercato. Juan ha avuto dei problemi e Luis Enrique non lo ha conosciuto fino in fondo. E’ solo un mese che si è riaggregato al gruppo ed è normale che debba recuperare il tempo perduto, perché il tecnico non lo ha ancora messo a fuoco…”

E’ possibile che esigesse un ruolo da titolare che non si è visto riconoscere?

“Nella Roma questa regola , mi pare non valga per nessuno. Juan è un ragazzo leale, non ha mai manifestato certe esigenze, non ha mai dato segnali di insubordinazione. Salvo il fatto che oggi è un calciatore in sofferenza, come Borriello ed altri. E per questo va capito.”

Fonte: romanews.eu

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