(V.Meta) – Avesse saputo quello che gli sarebbe capitato di vedere, forse Gianluca Caprari ci avrebbe pensato due volte prima di accettare il trasferimento al Pescara.
Tre settimane fa l’infarto che ha ucciso il preparatore dei portieri Franco Mancini, sabato scorso l’arresto cardiaco fatale a Morosini, stavolta sotto i suoi occhi. Un doppio colpo difficile da metabolizzare, a maggior ragione se devi ancora compiere diciotto anni. Il giorno dopo la lunga notte di Pescara- Livorno in città si fa fatica a rialzarsi. La squadra, già provatissima, ha dovuto incassare un’altra brutta notizia, la morte del padre di Danilo Soddimo che Zeman non aveva convocato proprio per permettergli di restargli accanto. Caprari non è tornato a Roma con i genitori dopo la partita, ha preferito restare a Pescara. Dei ventidue in campo, l’ex attaccante della Primavera era il più giovane di tutti. Quando Morosini si è accasciato a terra, lui era dall’altra parte del campo e all’inizio non si è accorto di niente, preso com’era dallo sviluppo dell’azione. Che fosse una cosa seria, però, l’ha capito subito, appena ha visto medico e massaggiatore che dal campo facevano cenno di far entrare l’ambulanza. (…) Il resto del pomeriggio è andato avanti come un incubo che ritorna, la corsa in ospedale e i medici che dicono che non c’è niente da fare.
Parole che a Pescara si erano sentiti dire appena tre settimane fa, quando un infarto si è portato Franco Mancini nel pomeriggio di un qualsiasi venerdì di vigilia. Avevano appuntamento al campo per la rifinitura, quando sono arrivati hanno trovato la notizia che mai si sarebbero aspettati. La cosa peggiore, però, è stato dover scendere in campo il giorno dopo contro il Bari: la Lega si è giustificata dicendo che non c’era tempo di disporre il rinvio, ma quelli con la maglia bianca e azzurra non potevano essere i giocatori del Pescara. Ora si stavano lentamente riprendendo dalla batosta, sembrava che il dolore si fosse alleviato un po’ e invece è arrivato un altro colpo. «Sembra una maledizione» sussurrava qualcuno fuori dal Pronto Soccorso. «Non si può morire così a venticinque anni» ha scritto Caprari su Twitter qualche ora dopo la morte di Morosini. Il giorno dopo è solo silenzio, anche perché il Pescara si ritrova a piangere un’altra morte e allora diventa difficile trovare la voglia di cercare le parole.(…) E dire che solo una settimana fa per Caprari sembrava fosse filtrato un raggio di sole con il gol al Varese che gli aveva restituito il sorriso dopo quasi un mese e mezzo passato a guardar giocare i compagni per un brutto infortunio alla spalla, peraltro ricaduta di un vecchio guaio dei tempi della Roma.
Sembrava che la notte fosse vicina alla fine, contro il Livorno Zeman l’aveva confermato dal primo minuto e lui aveva provato qualche spunto in una partita che s’era complicata troppo presto. Diciotto anni sono pochi per farsi una ragione. Caprari ripartirà dal campo, stavolta per prendere a calci anche il dolore.