(C.Fotia) – Un week end di tristezza, di dolore, ma anche di doverose riflessioni: tutti noi che a vario titolo lavoriamo nel mondo dello sport, abbiamo davvero fatto tutto il possibile per evitare tragedie come queste? Quando muore un ragazzo nel pieno delle sue forze, nell’età più bella della vita, ciascuno deve interrogarsi. E tanto più se quel ragazzo con la vita è stato costretto a farci a pugni, con questa vita che spesso è crudele, ma che è l’unica che abbiamo. E la sua lotta per viverla malgrado i rovesci, le tragedie, con quel suo sorriso triste che sembrava dirti: ce l’ho fatta ancora una volta, sono ancora qui, quella sua lotta è come un segno indelebile, un messaggio che travalica il mondo del calcio e dello sport. Non per caso la commozione è stata globale e la partecipazione corale. L’onda emotiva è stata così alta e intensa che sembrava aver improvvisamente trascinato via meschinità, vizi, squallide abitudini. Il circo mediatico che solitamente accompagna questi eventi pareva meno sguaiato e il mondo del calcio italiano sembrava aver trovato, nell’immediatezza della tragica morte di Piermario Morosini, uno scatto di dignità, con la repentina decisione di sospendere il campionato. E invece no, lo sgangherato circo mediatico-sportivo ha tradito le lacrime vere versate dalla gente del popolo e tu, Moro, perdonaci, se puoi, dello squallore di questi giorni. La tregua è durata solo qualche attimo. Poi ci ha pensato la televisione (da uomo di tv, lasciatemelo dire con rabbia e pena) a mettere in scena l’ennesimo, osceno spettacolo della morte in diretta, dello spettacolo del dolore. Dinnanzi a tutto ciò le persone normali, come ha giustamente detto Francesco Totti, scelgono il silenzio. Semmai, chi ha il dono della fede, prega per l’anima di quel ragazzoI vampiri della tv, invece, no. O taceranno oppure vi si getteranno ancor di più a capofitto, fingendo lacrime in diretta, accendendo discussioni interminabili condotte quasi sempre da opinionisti incompetenti, senza mai dare mai qualche elemento che serva a capire il perché di una tragedia. E il mondo del calcio non è stato da meno, quasi che quella decisione di sospendere il campionato fosse un tributo di serietà troppo gravoso da sopportare per un mondo che, come ha giustamente denunciato Franco Baldini, non sa uscire dalla dimensione del ridicolo (ovviamente, è stato subito zittito da un Lotito che, quando si parla di cose ridicole, si sente evidentemente parte in causa). Possibile che, neppure in questo caso, si possa decidere in un attimo senza guardare alle convenienze di questo o di quello? Servirebbe una seria analisi di coscienza e una riflessione non episodica del mondo dello sport. Che cosa diventa questo mondo che dovrebbe essere la palestra di formazione dei giovani ai buoni valori della vita, quando anch’esso diventa schiavo dello show business, della logica del successo facile, della vittoria a tutti i costi? Le misure di prevenzione e di sicurezza sono adeguate a tutti i livelli? Cosa avviene nelle serie minori, a livello giovanile? Sono domande che noi de Il Romanista continueremo a fare ogni giorno con le nostre inchieste. Ci ispireremo alla forza e al coraggio di Carlo Petrini, che ci ha lasciato proprio ieri e che fu il primo a denunciare, pagando il prezzo di un pesante isolamento, le storture del mondo del calcio