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IL ROMANISTA. Baldini vede De Rossi: il futuro inizia

De Rossi esulta dopo il 4° derby vinto

(Zucchelli – Galli) – (T)raining day. Se ci metti la parentesi è un giorno di allenamento, se la togli è di pioggia. Il gioco di parole è della Roma americana, che ormai si affida giustamente ai social network per ogni tipo di comunicazione. Compresa la più attesa,  quella che ieri ha sconvolto il timone di qualche quotidiano: la conferenza stampa di Baldini è stata rinviata a oggi. Stessa ora (le 13.30), stesso posto, tempo migliore. Si spera. Una scelta inevitabile, resa necessaria dall’assenza di battelli in servizio permanente tra Trigoria e il centro di Roma. Conferenza rinviata dunque, ma per Baldini quella di ieri al Bernardini è stata comunque una giornata importante. Il direttore generale ha avuto modo di parlare – per cinque minuti appena, comunque importanti – con Daniele De Rossi. Nessun colloquio decisivo (ce n’era stato uno anche due giorni fa), nessuna firma, tantomeno nessun tipo di conversazione sulle cifre del rinnovo contrattuale. Semplicemente, che poi semplicemente non è visto che sarà questo a fare tutta la differenza del mondo, Baldini ha ribadito al giocatore la sua importanza a Roma e nella Roma. Di soldi e della trattativa vera e propria parlerà, ancora, con il suo procuratore, Sergio Berti. Quando? Ogni giorno è quello buono anche se l’equazione Baldini uguale rinnovo di Daniele è sbagliata. De Rossi chiede una cifra X, che dovrebbe essere 6 milioni. La Roma era partita da molto meno e con il tempo si è avvicinata. La distanza sarebbe però di circa un milione e mezzo. Il rapporto tra Baldini e Berti è ottimo, però non basta a ridurre come per magia il divario tra domanda e offerta. Perché De Rossi rinnovi, è indispensabile che la Roma faccia un ulteriore sforzo finanziario e che anche Berti venga incontro alla   società. Entro un mese la possibile conclusione. A Trigoria oggi Baldini parlerà anche di questo e non si presenterà impreparato, affrontando tanti temi. Innanzitutto, il ruolo. Il suo ruolo: ampio, più ampio di quanto si pensi, ma con confini ben precisi. «Baldini presidente, questo vuole la romana gente». Lo striscione apparve in un Modena-Roma del 18 aprile 2004. Non sarà presidente, ma quasi. Baldini indosserà l’uniform di direttore generale, di fatto sarà però qualcosa di più importante. Sarà il vicepresidente esecutivo dell’As Roma. DiBenedetto sarà il comandante della nave, ma si affiderà nel quotidiano a chi conosce meglio di lui la realtà romana. E poi il presidente dovrà fare spesso la spola tra gli Stati Uniti e la Roma. Ecco perché servirà una figura di raccordo tra la proprietà americana e il club,ecco perché Baldini is come back, è tornato. La società sarà retta nel quotidiano da un triumvirato: Sabatini, Fenucci e appunto Baldini. La presenza a Trigoria dell’ex braccio destro di Capello alla nazionale inglese consentirà a Sabatini di poter esercitare con maggiore libertà quello che è il suo dovere-piacere: farà il direttore sportivo della Roma. Bella forza, si potrebbe pensare, già lo faceva. E invece no. In una società in fieri, in divenire, in un club che si sta completando di (ri)strutturare, Sabatini svolgeva compiti manageriali anche superiori. Non che non sia in grado, ma DiBenedetto l’ha voluto con sé per un altro scopo: prendere per la Roma i migliori tale  ti in circolazione e coordinare lo staff di Luis Enrique, oltre che gli allenatori del vivaio. Capo scouting, direttore sportivo a tutti gli effetti, unico referente per i giocatori per le questioni squisitamente tecniche. Perché per la squadra è fondamentale avere un solo punto di riferimento, esattamente come avveniva nel recente passato con Montali. Ecco cosa sarà Sabatini nelle intenzioni di Baldini, di Fenucci e più su di DiBenedetto.  Qualcuno ha paventato un eventuale dualismo con Fenucci. Errore. L’attuale amministratore delegato dell’As Roma continuerà a supervisionare i conti della società e poi ha delle deleghe specifiche per Lega e Federcalcio. Roba, questa, che Franco affida volentieri all’amico Claudio. Già, l’amicizia. Conta anche l’amicizia. I tre consoli si conoscono da una vita, si stimano, si sono cercati: Fenucci voleva Sabatini a Lecce, Baldini voleva Fenucci a Roma e Sabatini, che cercava il dopo la parentesi Palermo, voleva il meglio. Quindi, voleva entrambi. Questa società è appena nata. Una volta stabilito come bisogna prendere una decisione, questa diventa collegiale. Non comanda solo Baldini, comanda il triumvirato. Comanda la Roma. Semplice, lineare, efficiente.  Questione Totti. Se oggi non sarà la prima domanda, sarà la seconda. Chiedete pure a Mr Baldini cosa ne pensa, se fu vera pace. Ma poi chiedetegli anche se c’è stata guerra. Da quanto ha detto Totti, e Totti non mistifica la realtà, non parla perché deve parlare, è un libro aperto, non c’è stata belligeranza. Semmai, c’è stato del fastidio per un passaggio dell’intervista concessa da Baldini a “Repubblica”. Franco è franco, nomen omen.

In quell’occasione disse quello che pensava, forse non ricordando però la morbosità tipicamente romana: se le dai un’occasione per innescare una polemica, è fatta. Franco e Francesco si erano già chiariti prima che due giorni fa si chiarissero di nuovo: un breve saluto mentre il Capitano faceva fisioterapia, una foto prima di pranzo, una chiacchierata finito di mangiare. Era logico, inevitabile, giusto e molto romanista. I rinforzi. La posizione di Baldini dovrebbe (potrebbe) essere quella che da giorni trapela da Trigoria. La Roma ha delle risorse da poter utilizzare per consolidare il progetto tecnico. Già  gennaio? Se sarà necessario, assolutamente sì. In quale ruolo, con quanti soldi e su chi investire, lo deciderà il triumvirato.  Il carnet di biglietti. La Roma avrebbe voluto vendere un pacchetto di 16 partite a tutti, tesserati e non. Il Viminale glielo ha impedito, forte del voto contrario della Lega di A. Giovedì prossimo, la Roma andrà a Milano per parlarne con le altre società e far sì che la Lega cambi quindi idea. Scusi, Baldini, ma lei è favorevole o contrario? La risposta si sa già. Il diggì la diede proprio in quella famosa intervista a “Repubblica”, assurta ormai al rango di manifesto del “baldinismo”: «Niente polizia negli stadi, niente tessera del tifoso, nessuna tribuna lontana. Non voglio vedere agenti in assetto di guerra, ma steward, perché è chiaro che una certa coreografia, caschi e manganelli, suggerisce che il conflitto è una certezza più che un’eventualità». Non è la ricetta per una rivoluzione. Solo, spiegò subito dopo, «buonsenso e pragmatismo”.

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