(R. Palombo) – Erano vent’anni (febbraio ’92) che la Fiorentina non vinceva contro la Roma all’Olimpico. Il miracolo si materializza nel secondo dei cinque minuti di recupero col gol di Lazzari che vale una salvezza anticipata per la viola, mentreil Titanic giallorosso si inabissa insieme ai sogni di Champions e ora pure di Europa League. Arrivato alla 14a sconfitta stagionale, 16a con le coppe, Luis Enrique viene per la prima volta mandato a quel paese (eufemismo) da tutto lo stadio. Segue contestazione, miniassedio dei tifosi e rancorosa conferenza stampa.La società fa quadrato, ma, come recitava quella pubblicità d’una volta, «dura minga», non può durare.
Tutto giusto Anche se un pari non sarebbe stato scandaloso. La Fiorentina s’impone quando la Roma opera il massimo sforzo per portare a casa la vittoria. Un match di rincorsa per i giallorossi, già sotto dopo due minuti, palombella di testa di Jovetic, difesa di marmo incluso il portiere Curci, e autori di un primo tempo davvero imbarazzante, con la Fiorentina padrona assoluta del campo, e fermata dalle tre parate del vice Stekelenburg (due volte su Jovetic e una su Cerci). Effetto Juventus o effetto scollamento da Luis Enrique? Probabilmente tutte e due le cose. Il pubblico, che prima dell’inizio fischia tutti meno i soliti noti (Totti, De Rossi e Borini) e poi sbeffeggia con tanti «olè» il non gioco orizzontale della Roma, tornerà a stare accanto alla squadra e a sostenerla nella ripresa quando, pur spingendo disordinatamente, darà qualche cenno di vita. Luis Enrique, tanto per cambiare, rivoluziona la formazione nell’intervallo a riconferma di una ricerca della lanterna magica iniziata otto mesi fa e mai realizzatasi. Fuori José Angel e Greco, pessimi ma certo non peggiori di Pjanic, e dentro Marquinho e Gago. Con un centrocampista in più la Roma fa finalmente la partita, ma, intendiamoci bene, del famoso gioco offensivo ispanico predicato dall’allenatore nemmeno l’ombra. Tanto che per arrivare all’1-1 ci vuole una voluta, ma anche fortunata deviazione di Totti (gol numero 213, Altafini e Meazza sempre più vicini) su un tiro senza pretese di Gago. Lì, sgombrata la testa dai cattivi pensieri, la Roma ci prova per davvero e con Osvaldo e Totti sfiora il gol-partita. E Luis Enrique fa esordire l’attaccante ivoriano Tallo, classe ’92, togliendo Heinze per un 4-2-4 rischiatutto.
Delio Rossi sì e no È anche grazie a questa mossa assai estemporanea che la Fiorentina, sfinita, ritrova spazi e possibilità di replicare. Delio Rossi, bravissimo nel preparare un match fatto di buona difesa a tre, Natali su tutti, e tanto centrocampo (una delizia Behrami centromediano) sfrutta i suoi attaccanti atipici Jovetic e Cerci, corsa, agilità e piedi buoni, mandano spesso in crisi la difesa colabrodo della Roma. È una sorpresa perciò vedere Rossi sostituire Cerci con Amauri dopo appena dieci minuti del secondo tempo. Non si rivelerà una buona idea, al contrario del cambio tra l’esausto Jovetic e Ljajic dopo la mezzora. Sarà quest’ultimo, in pieno recupero e dopo che Amauri infortunato ha lasciato per Olivera, a scoccare il tiro non irresistibile sul quale Curci, tanto per cambiare, metterà le mani aperte. Una manna per Lazzari, che già aveva confezionato l’assist dell’1-0. Controllo, tiro, gol e meritata salvezza.
Nervi scoperti Osvaldo si fa cacciare sull’1-2 per proteste, De Rossi si fa ammonire dopo essere venuto alle mani con Natali: contro il Napoli, sabato, saranno entrambi squalificati, al pari di Lamela, quello dello sputo a Lichtsteiner. Come direbbe il romanista Nanni Moretti, «ma sì, continuiamo pure a farci del male».