(M.Pinci) – Nel momento più difficile della stagione della Roma, prende la parola il capitano, che compatta l’ambiente e rilancia la fiducia incondizionata nel progetto americano.”La proprietà americana vuole fare grandi cose, forti investimenti e sono fiero di far parte del progetto di cui si parla tanto”, dichiara Totti alla rivista ufficiale, La Roma, in edicola domani. “I nuovi manager mi sembrano determinati a far diventare grande questa società. Baldini è un grande dirigente e ha voglia di vincere. Sabatini è una presenza costante nello spogliatoio”.
Parole di stima per Luis Enrique: “Il mister è una persona particolare, un uomo leale e vero, che ti trasmette quello che ha in testa. Gli puoi dire tranquillamente quello che pensi, accetta tutto poi è normale che prima incassa e poi porta avanti le sue idee. Una persona su cui puoi contare sempre”. Parole d’elogio anche per i nuovi arrivati: “Osvaldo è un ‘animale’, Lamela ha un grande futuro, Pjanic è di un altro pianeta. I tifosi? E’ stato un anno di transizione, i romanisti aspettano che questa situazione si evolva positivamente”.
MA I TIFOSI CONTESTANO LUI – “Luis Enrique regresa en tu casa”. Non ha bisogno di interpretazioni lo striscione appeso da un gruppo di tifosi davanti al cancello d’ingresso di Trigoria. La manifestazione fino a ora più forte del sentimento del pubblico, che non risparmia neanche gli “indegni” giocatori a cui intimano di “Levare la nostra maglia”. Ma che ormai sembra aver individuato nel tecnico il capro espiatorio di una stagione da dimenticare. Per questo, in una conferenza che somiglia a un testamento, Luis indica la strada per il futuro del club: “Se sarà la mia Roma? No, sarà la Roma dei romanisti”.
Inevitabile leggere in quelle parole la manifestazione di una voglia di dire addio. Per il Barcellona, magari, che oggi saluterà Guardiola. “Che effetto mi fa essere accostato al Barça? Nessuno”, giura Luis. Che però non sembra più vedersi al timone dei giallorossi. Gli chiedono se sarà la Roma di Luis Enrique, quella della prossima stagione: “Sarà la Roma dei romanisti”, dice stringendo i denti, quasi a voler celare un futuro già scritto, ma che con 4 giornate da disputare ancora non vorrebbe anticipare. E i pensieri, a fine corsa, sono soprattutto rivolti alla squadra: “Ai giocatori dico che devono lavorare di più, migliorare tantissimo, e portare questa maglia con onore. Questo è il mio consiglio per i miei ragazzi”. Quasi una lettera di addio, a ben vedere. Soprattutto perché, dopo mesi passati a difendere la squadra, stavolta Luis non si vergogna a mostrare al mondo i limiti evidenti del gruppo: “A volte sembrava mancare grinta? Certamente ci sono dei difetti in alcuni giocatori, in questa rosa. Non in tutti, perché non possiamo generalizzare. Ma manca personalità. Non so come dirlo senza ferire nessuno”.
Proprio le critiche che l’asturiano aveva respinto nelle ultime settimane, dopo che a puntare l’indice sul carattere della squadra era stato il dg Baldini. Una cosa è certa: se addio sarà, sarà senza rimpianti. “Mai mi sono pentito di venire qui – giura – è un gran piacere essere, e sottolineo essere, l’allenatore della Roma, per quello che rappresenta e per il calore del tifo e questa società importantissima”. Ma il futuro incombe: “A fine stagione con la società ci incontreremo, parleremo di quali sono i problemi e cercheremo soluzioni. Poi, vedremo cosa succederà”.
Anche per questo, forse, Luis vuole chiudere al meglio la stagione: “Meritiamo il settimo posto, ma certo che si può risollevarsi, basta vincere la prossima. Dobbiamo lavorare per l’obiettivo che è lottare per un posto in Europa League”. E su quegli striscioni critici? “Uno striscione lo possono fare 100 tifosi o uno soltanto, io da professionista non mollo fino alla fine. La stagione non c’è dubbio sia stata sfortunata, ma la fortuna va cercata: se abbiamo 50 punti è perché non ne abbiamo meritati né 51 né 49. A fine stagione parlerò con la società, ma ora non ha senso parlare di cosa potrà succedere”. Anche se come sempre Luis non rigetta le proprie responsabilità: “Se a volte la squadra sembrava confusa è perché non è facile giocare con la pressione di dover uscire da un momentaccio, che però avevamo creato noi. Se la squadra è confusa la responsabilità è sicuramente dell’allenatore”. Confusione mostrata anche con la Fiorentina: “Abbiamo fatto un primo tempo disastroso, quasi incredibile. Ma i tifosi a parte i fischi all’inizio che sono un diritto e qualche fischio a qualche singolo che non mi sono piaciuti, sono stati grandiosi. E nel secondo tempo siamo stati più vicino a quello che vogliono i tifosi. Loro vogliono soltanto vedere la maglia sudata”. Domani col Napoli una nuova occasione, per provare a non deluderli.