(F.Bocca) – Il campionato è allo sprint finale, la tensione è alle stelle, visto che questo è il mese in cui ci si gioca la stagione. Bella, nella sua imperfezione, la partita tra Roma e Napoli. Il pareggio però lascia scontente entrambe. Il Napoli perché rimane col fiato sospeso nella lotta per il terzo posto e soprattutto non placa la contestazione della Roma, che nonostante un ottimo primo tempo della squadra e comunque uno spunto d’orgoglio nel finale che le ha permesso di riprendere la partita (2-2), è continuata feroce. La Roma che a fine partita deve andare sotto la curva Sud a farsi offendere e insultare dai tifosi lo trovo un fatto umiliante, di medievale sottomissione. Che la squadra non meritava assolutamente. E che ribadisce ancora una volta, se mai ce ne fosse bisogno, il distorto significato del tifo nel calcio italiano: vuole comandare e dare la linea. E talvolta imporsi con la forza, come è accaduto la settimana precedente a Genova.
Ieri toccava all’allenatore, oggi alla squadra: un coro classico e vecchio come la storia del calcio “andate a lavorare” non basta più. Da quella stessa curva a inizio partita si erano alzati vergognosi cori verso i napoletani: ormai non ci fa più caso nessuno, vengono quasi considerati la colonna sonora di uno stadio. Luis Enrique, che era andato via subito dal campo, non si è accorto del fatto che la squadra fosse andata sotto la curva, a farsi umiliare. L’allenatore spagnolo ha specificato che lui comunque non sarebbe andato: e figuriamoci se lo avesse fatto davvero. E ha detto bene.