(G.Manfridi) – Grande dilemma giallorosso: con quale trepidazione dobbiamo accostarci all’atto finale, e all’apparenza esangue, di questo campionato? Premesso che, nella vita come nello sport, il concetto di disarmo va negato per principio, e che comunque è in palio qualcosa di meno effimero di quanto sembri – ossia il rischio di declinare dalla parte bassa della zona alta, alla zona alta della mediocrità – io una mia aspettativa ce l’ho ben chiara: il gol numero 216 di Francesco Totti. E, se possibile, anche il 217, il che significherebbe la salita del Capitano sul podio dei più grandi marcatori della serie A dall’origine dei tempi; dapprima, col 216, lo raggiungerebbe in coabitazione con Altafini e Meazza (dico Meazza, scusata se è poco!), e poi, col 217, in solitario.Motivo per cui spero che il crollo della tensione agonistica legata alla classifica induca la squadra a operare affinché un doppio traguardo tanto prestigioso possa iscriversi all’interno di un’annata per il resto assai poco generosa di momenti per noi esaltanti. Semmai la cosa dovesse avvenire, suggerisco a chi cura il merchandising della Roma, e dunque la confezione delle bandiere da sventolare allo stadio, di aggiungere questi record individuali agli stemmi degli scudetti vinti e delle varie Coppe Italia conquistate. Sì, come se si trattasse di autentici trofei da sollevare in alto braccia al cielo. Cosa che di fatto sono, poiché, Nazionale a parte, nulla di quanto realizzato da Totti su un campo di calcio è mai stato estraneo all’orbita romanista, né mai lo sarà. Insomma, io domenica sera vivrò la partita con un pathos che vorrei fosse di tutti, pronto a esplodere in un giubilo – se possibile, doppio – vero e condiviso. E vorrei che questo auspicato doppio giubilo fosse anche di Luis Enrique (cosa di cui peraltro non dubito), al quale lo stesso Totti ha dedicato frasi che non possono essere ignorate. Vorrà dire qualcosa o no se un campione della sua statura desidera che l’asturiano torni a riflettere su una decisione che sino a pochi giorni fa sembrava essere stata presa in modo irrevocabile?Io di Totti, quando parla di calcio e della Roma in particolare, mi fido come di un oracolo, anche perché raramente quel che ha detto lo abbiamo visto smentito dai fatti. Sembrerà strano, ma proprio ora che per quanto ci riguarda la stagione va a sigillarsi con una sgradevole lista di segni negativi, il mio personale voto a favore di una conferma di Luis Enrique sulla nostra panchina si fa ancora più certo e meno generico. Sarà forse perché i tanti argomenti che ci hanno visto in conflitto l’un con l’altro a seconda del sali e scendi a cui ci ha sottoposto il campionato iniziano a configurarsi in modo più omogeneo. In buona sostanza, avverto una sensazione comune per cui è solo adesso, a conclusione di tutto, che ci troviamo a toccare con mano quelli che sono stati e che sono i limiti di una squadra più che quelli di un allenatore, e ritengo che tanti discorsi sommersi o a malapena allusi ci dicano come le ribadite perplessità del tecnico a proposito della sua permanenza a Roma sia proprio lì che vanno a concentrarsi, nella preoccupazione di dover gestire nuovamente un gruppo dalle carenze ormai conclamate. Non è un mistero per nessuno che lo stesso Sabatini, riferendosi al mercato di gennaio, abbia fatto un mea culpa a cui dobbiamo dar credito. A questo punto, è in gioco una catena di fiducie reciproche: quella nostra in Totti, quella di Totti (e con lui di quasi tutta la squadra) nello spagnolo, e, infine, quella dello spagnolo in una dirigenza che, al pari del Capitano, si fida con tanto integralismo di lui. Se la catena terrà, e se il cerchio sarà in grado di saldarsi, confido a mia volta in un futuro ben diverso da un presente che è quasi del tutto passato. Già, quasi ma non del tutto; per archiviarlo in via definitiva manca appunto qualcosa: la partita di domenica prossima, che potrebbe far finire Francesco, una volta di più, in doppia cifra, e soprattutto, con due soli nomi davanti a lui, quello dell’irraggiungibile Piola, e del raggiungibile Nordhal. Nordhal, calciatore stratosferico! Sicché, degno di chi lo sta inseguendo, e che non è meno stratosferico di lui. Quanto a Piola, eroe di un calcio avvolto dalle brume di un’epoca remota e farcito di risultati iperbolici, a tratti mi permetto di formulare deliranti dubbi sulla sua presunta irraggiungibilità. In fondo, se Totti a Cesena dovesse farne più di due, chi può mai dirlo? Perché mettere dei limiti alla Provvidenza incarnata dal nostro capitano?