(G. FOSCHINI / M. MENSURATI) – Filippo Carobbio è l´uomo del giorno. Anzi, meglio, il ragazzo del giorno. Perché ha solo 32 anni e sin qui li ha vissuti con la leggerezza del calciatore di provincia. Dire che era impreparato a tutto questo è dire poco: questo sono i qualche decina di migliaio di insulti del tipo “Carobbio infame, per te solo lame” che da ieri mattina girano su Internet. «Ecco perché preferirei che questa conversazione rimanesse privata. Non è il momento di parlare. Lo sta già facendo troppa gente, è solo il momento di stare male. In fondo me lo merito, è giusto così». Carobbio ha la voce scossa. Le sue parole hanno terremotato le fondamenta di quello che riteneva fosse il suo mondo. E quel mondo adesso gli sta crollando addosso.
LA REPUBBLICA Carobbio: “Sono finito, ma ho detto la verità. La vergogna è il silenzio degli altri”
Carobbio, lei ha accusato l´allenatore campione d´Italia. È normale che tanta gente parli di lei.
«Fa ridere questa cosa. Da calciatore non ho mai avuto molta fama. Ho fatto una buona carriera ma mi sono fermato alle soglie della celebrità. Adesso invece parlano di me più che di Messi. Ma io sono un ragazzo normale».
I ragazzi normali non scommettono con gli zingari.
«Nemmeno io, li ho visti una volta e non mi sono piaciuti».
A Palazzi ha detto cose pesanti.
«Pesanti, sì, forse… Però a me piace pensare solamente che mi sono assunto le mie responsabilità».
Ha fatto il nome di Antonio Conte.
«Quello che avevo da dire su Conte e su tutti gli altri l´ho detto a Palazzi e al pm. E spero di aver preso la strada giusta».
Ha dubbi?
«Sono colpito di essere l´unico ad aver detto finalmente le cose come stavano. Mi aspettavo che dopo tutto quello che è venuto fuori sui giornali in questi ultimi mesi anche gli altri avrebbero deciso di rompere il muro dell´omertà. E invece non lo hanno fatto… Mi chiedo perché».
Perché?
«Troppi interessi nel calcio. A livello economico, a livello di immagine. E quindi alla fine tutti tutelano gli interessi. E la verità va a quel paese».
Lei perché ha parlato, invece?
«Ma perché non ho nulla da perdere. Ho 32 anni, la mia carriera è finita. Almeno così mi sono pulito la coscienza, mi sono tolto un peso. Ho raccontato come funziona un mondo, il mondo del calcio, che non è come la gente se lo immagina. Nel calcio le cose vanno avanti così da una vita e tutti, ripeto, tutti hanno troppo da perdere per cambiare davvero le cose. Personalmente nell´istante in cui sono uscito dalla stanza di Palazzi sono tornato ad essere quello che sono sempre stato, un ragazzo trasparente, normale, che giocava a pallone, non era Maradona, ma faceva con serietà il proprio mestiere. Tutto qui».
E adesso?
«E adesso passerò i guai. So cosa si dirà, si dirà che ho parlato per salvarmi il culo, che sono un furbo. E invece non è così. Il mio culo, almeno a livello sportivo, già me lo sono giocato da tempo. Spero solo di non essere radiato ma è una speranza marginale. Per il resto è chiaro che non ho nulla da perdere. Sono gli altri, quelli che negano, che giudicano, che stanno zitti… Sono loro che provano a salvarsi culo facendomi passare per un furbo. Ma io no sono un furbo, sono solo uno che a un certo punto ha voluto ricominciare a guardarsi allo specchio in pace. Davvero, però, lasciate perdere le interviste. Non è questo il momento di parlare… «.
Magari ha parlato perché Palazzi aveva già in mano prove pesanti.
«Non aveva in mano un granché, a dire il vero… Avrei tranquillamente potuto dire: “non ne so niente” o “non è vero nulla”. No, non è stato per quello, ripeto ho solo voluto dire basta e provare a cambiare le cose, e magari avere la possibilità di tornare a fare una vita normale, con mia moglie e i miei due figli, che sono la cosa più importante del mondo «.
Una vita normale… pensa che sia possibile?
«Non lo so. Io vivo in un paesino piccolo e sognavo di finire sui giornali per una punizione, non per un verbale. Certo, se mi avessero preso che spacciavo o che facevo del male ai bambini, avrebbero fatto meno casino».
Come pensa di vivere adesso?
«Non lo so. Spero che non mi radino perché mi piacerebbe restare nel mondo del calcio, magari insegnare ai bambini a giocare. Per quanto riguarda il lavoro, non ho idee, forse continuerò a vivere come ho fatto in questi ultimi mesi».
Cioè?
«Lavoro per una comunità per tossicodipendenti, do una mano. È un modo che ho per saldare qualche conto con la mia coscienza. Ma è anche un´esperienza bellissima. Questa gente soffre e tu gli puoi dare una mano».
Ma era davvero così “grosso” il giro?
«Quando sei lì, dopo un po´ ti accorgi che “lo fanno tutti”. E allora lo fai pure tu. Certo se adesso guardo il giornale, e vedo che ci sono stato solo io a raccontare, mi viene il sospetto che lo facessi solo io, che fosse tutto un´allucinazione… Eppure se solo qualcuno mi avesse seguito, sarebbe una rivoluzione».