(G. Dell’Artri) – “Se dovesse tornare a Roma, mi piacerebbe davvero tanto lavorare di nuovo con lui”. Così ha detto ieri Michael Konsel a proposito di Zdenek Zeman. Il portierone austriaco verrebbe di corsa per riabbracciare il tecnico boemo che da sempre ha lasciato ricordi straordinari non solo nei tifosi delle squadre che allenato, ma anche nei giocatori. E sarebbe strano il contrario, visto che tanti di loro (soprattutto nelle squadre più piccole) devono molto della loro carriera ad alti livelli proprio a Zeman che li ha valorizzati oltre ogni aspettativa. Konsel sarebbe pronto a tornare a Roma, probabilmente non sarebbe l’unico. Tredici anni dopo l’ultima volta in cui il boemo si è seduto sulla panchina giallorossa, a Trigoria è cambiato quasi tutto. Quasi. Perché un anello di congiunzione tra il presente e il passato c’è, ed è il più importante di tutti: Francesco Totti. Che sarebbe diventato grande comunque, ma che ha sempre detto di dovere molto a Zeman per la sua crescita come calciatore, come atleta e come uomo.
Francesco Totti, sinonimo di capitano. Cominciò ad esserlo, a mettere la fascia al braccio, proprio con Zeman. Era la fine di ottobre del 1998, di fronte c’era l’Udinese e quel giorno venne scritto un capitolo importante della storia. Totti c’era, c’è, ci sarà. Gli altri però hanno smesso tutti. Chi prima, chi dopo. Ma che fine hanno fatto i ragazzi di quella Roma elettrizzante? Alcuni li abbiamo continuati a seguire quotidianamente. Come Damiano Tommasi che ha giocato fino al 2011 nel Sant’Anna di Alfaedo, la squadra delle sue origini e che poi ha fatto carriera lontano dal campo diventando presidente della Associazione Italiana Calciatori. Alla Roma era arrivato un anno prima del boemo, ma, a parte un gol fortunoso contro la Dinamo Mosca, nella stagione 1996-1997 aveva fatto vedere poco. Con Zeman la musica cambiò, il ragazzo di Negrar cominciò a conquistare tutti con la sua generosità. Piano piano stava trasformandosi nella “anima candida” che fu uno dei motivi dello scudetto del 2001. Nel 1997 era ancora solo Damiano Tommasi, anzi “Tommi” come lo chiamava Zeman quando dalla panchina lo richiamava con la sua voce inconfondibile per fargli fare i movimenti giusti. E poi c’è Di Biagio, che assieme al boemo è cresciuto e che ha fatto il grande salto nel calcio che conta con il Foggia dei miracoli. Gigi in giallorosso ci arrivò nel 1995 e ci rimase per 4 stagioni. Ha giocato fino al 2007 facendo qualche apparizione nell’Ascoli. Dopo una parentesi televisiva come commentatore tecnico per Sky, dal 2011 è commissario tecnico della nazionale under 20. Marco Delvecchio, lo sanno tutti, si divide tra radio, tv e pista da ballo (è stato tra i protagonisti dell’ultima edizione di Ballando con le stelle), sempre con grandi risultati. Ma anche adesso nessuno tra i tifosi romanisti si scorda i suoi gol nei derby e i 18 gol nella seconda stagione zemaniana. Anche di Eusebio Di Francesco è facile ripercorrere le tappe. Nell’estate del 2008 è diventato l’allenatore del Lanciano. Nel settembre 2009 è stato nominato nuovo Direttore Tecnico nel settore giovanile del Pescara. Il gennaio successivo è subentrato all’esonerato Cuccureddu diventando il nuovo allenatore della prima squadra del club abruzzese e ottenendo la promozione in Serie B dopo i playoff. Al suo posto però arriva proprio Zeman e lui va al Lecce dal quale viene esonerato a dicembre.
Fin qui la ricostruzione dei giocatori di quella Roma è stata una passeggiata. Ma ora viene il difficile. Si può cominciare da Paulo Sergio. Il brasiliano che in giallorosso ci è rimasto solo 2 anni, proprio quei 2 anni. E che, seppure in poco tempo, ha lasciato un grande ricordo per la sua tecnica, la sua allegria, le esultanze danzanti e i gol. Tra cui quello nel 5-0 al Milan con il dribbling su Costacurta: palla da una parte, lui dall’altra e il gioco è fatto. Dopo la Roma tornò in Germania (veniva dal Bayer Leverkusen) e andò al Bayern Monaco dove vinse tutto per poi volare negli Emirati Arabi all’Al Wahdah e quindi fare ritorno in Brasile nell’Esporte Clube Bahia. Ora è commentatore televisivo per la Espn. Un’attività che prende più che seriamente tanto da dover declinare l’invito del Bayern per assistere alla finale di Champions col Chelsea a causa di impegni lavorativi. Ancora Brasile, ma da un attaccante si passa ad un difensore. E che difensore! Marcos Cafu alla Roma ci arrivò insieme a Zeman, ma rimase parecchio di più. Dopo gli anni al Milan ha appeso gli scarpini al chiodo ma non è rimasto con le mani in mano. Si è dato da fare nel sociale attraverso la sua fondazione in aiuto dei più deboli, bimbi poveri su tutti. E’ del dicembre scorso, poi, la notizia che raccontava del suo ingresso in politica. I suoi meriti sportivi (due volte campione del Mondo, di cui una da capitano) gli hanno consentito di essere scelto dal ministro dello Sport di Brasilia, Aldo Rebelo, come sottosegretario con delega al calcio, incarico creato ad hoc dal governo in vista del Mondiale in programma nel 2014. Ancora Brasile, ancora difesa. Ma non a destra, bensì nel mezzo. Dove, oltre ad Aldair, c’era pure Antonio Carlos Zago. Anche detto AC Zago, o solo Zago. Il difensore che ha giocato con tutte le più grandi squadre di San Paolo, che ha rischiato di cadere nel dimenticatoio in Giappone e che soprattutto è diventato campione d’Italia con la Roma. Terminata l’attività agonistica si è seduto in panchina. E’ stato allenatore anche del Palmeiras, ora lo è dell’Audax di San Paolo e qualche tempo fa ha fatto parlare di sé con una intervista nella quale chiedeva a gran voce ai grandi club del calcio brasiliano di dare maggiori opportunità ai giovani allenatori come lui invece di affidarsi a tecnici esperti ma anziani. A sinistra in quella Roma zemaniana c’era Vincent Candela. Che era arrivato quale mese prima del boemo. Era nella Capitale dal gennaio precedente e grazie a Zeman diventò uno dei simboli della Roma tanto da riempire l’Olimpico per il suo addio al calcio con tanto di giro di campo in biga. Altri nomi in ordine sparso: Carmine Gautieri, il “Gaucho” , l’uomo del rigore scandalo non dato contro la Juventus per il quale è entrato anche nella canzone ”Ti amo campionato” di “Elio e le storie tese”, ha giocato fino a 2007-2008 disputando l’ultima stagione col Sorrento. Poi è diventato allenatore cominciando dalle giovanili del Potenza per poi passare all’Olbia, all’Empoli e al Lanciano. Di Cristiano Scapolo si sono perse le tracce e anche Wikipedia su di lui dice solo “ex giocatore e allenatore di calcio”. Servidei ha giocato fino al 2009 girando l’Italia e chiudendo nella Spal. E Rogerio Vagner? Fino al 2004 ha giocato al Celta Vigo. Poi? E così si ritorna al principio, alle parole di Miki Konsel. «Mi piacerebbe davvero tanto lavorare di nuovo con lui» ha detto. Ma nel frattempo cosa ha fatto? Di certo non è stato con le mani in mano. Andando a frugare su internet si trovano sue foto sulla pista da ballo, oppure a serate di gala, o addirittura a sfilare in passerella. Ma al centro della sua vita c’è comunque il calcio, come ha confermato lui stesso: “Faccio il telecronista e scrivo qualcosa sul giornale più importante in Austria”.