(I. De Lillo) – C’era una volta Zemanlandia, il bel paese del calcio pulito, geniale e spettacolare. Il re di Zemanlandia era una persona schiva, non andava molto in giro e frequentava sempre i soliti posti: il bar Cocozza sotto casa, la farmacia della dolce dottoressa Marina in piazza Padre Pio, l’oratorio a cui chiedere ogni cosa, è l’alternativa al calcio degli investimenti miliardari, del doping e delle scommesse. Zdenek Zeman: un nome, una garanzia. La garanzia di riempire gli stadi di tifosi inebriati, che alla fine della partita hanno le lacrime agli occhi, forse perché hanno vinto, forse perché hanno perso ma hanno goduto di puro spettacolo calcistico. Foggia prima degli Anni Novanta era solo una piccola città di provincia affamata di calcio, la sua squadra era mediocre ma un giorno è diventata il Foggia dei miracoli, è diventata Zemanlandia. Quando Zeman è arrivato a Foggia la prima volta sapeva che avrebbe trovato una piazza agguerrita, come lui. Dal giorno in cui Pasquale Casillo, il re del grano e il presidente, ha chiamato Zeman in Puglia è nato un amore eterno. Il Boemo ha regalato al Foggia il sogno della serie A dopo 13 anni.
Il Foggia ha dato a Zeman calore, soddisfazioni, fiducia. L’amore è così, un dare e un ricevere, ma senza tornaconto, gratuitamente. Non c’è un solo tifoso foggiano, ancora oggi, cui al nome di Zeman non vengano le lacrime agli occhi, perché lui è come un Dio, ha l’onnipotenza di fare e disfare, vincere e perdere, e in ogni caso sarà osannato.«Zeman è foggiano d’adozione – dice Daniele Affatato, uno dei tifosi di spicco della Curva Sud della Zaccheria -. Tra lui e la tifoseria rossonera c’è un rapporto d’amore ossessivo. C’è chi gli regalerebbe l’appartamento o gli porterebbe la spesa a casa tutti i giorni!». Zeman abitava in Piazza Padre Pio, tutti giorni faceva colazione al bar Cocozza e leggeva il giornale. Chiunque passava di lì per vederlo e stringergli la mano (ancora oggi quel bar è il più frequentato della città). Amava la musica, era un eccellente direttore d’orchestra quando coordinava il trio delle meraviglie Signori-Rambaudi-Baiano, e quando uno di loro segnava, l’urlo dei tifosi era incontenibile, altro che musica…: Mosè che separa le acque del Nilo, un meteorite che cade sullo Zaccheria. I foggiani sono malati di Zeman. Prima di ogni partita giocata in casa, la squadra faceva rifornimento di zuccheri: non appena l’allenatore si andava a sedere in panchina, il tifoso Fernando Iannucci gli passava una manciata di caramelle: «Prenda mister, le porteranno fortuna». Zeman ha sempre accettato sorridente quelle caramelle, e ha sempre vinto. C’è chi sostiene di avergli attaccato il vizio di fumare almeno tre pacchetti di sigarette durante la partita, di passare in bianco la notte prima della gara. C’è chi lo vedeva andare a fare la spesa con la moglie Chiara, un donna semplicissima, come lui. Un uomo autentico prima ancora che un allenatore. Non era strano vedere giocatori di serie A che si allenavano nel piazzale dello stadio in mezzo alla strada, tra le macchine e i bambini, quando l’oratorio San Ciro era impraticabile perché aveva piovuto; giocatori che si allenavano portando sacchi di sabbia salendo i gradoni dello Zaccheria, perché «se non c’è qualità ci deve essere quantità».
I tifosi ricordano così: «Non giocavano a calcio, pattinavano. Ogni domenica era meglio di un cult al cinema. Diceva sempre che ai giocatori piace più attaccare che difendere, quindi li lasciava fare. Juve o Milan? si chiedevano i giornalisti: meglio il Foggia». Dopo aver rivoluzionato il calcio italiano con il Foggia e aver regalato ai tifosi sei stagioni indimenticabili, arrivando addirittura ad un passo dalla qualificazione alla Coppa Uefa, Zeman non ha rinnovato il contratto in seguito all’arresto di Casillo. Ma a Foggia poi è tornato perché ha amato – e ama – quella città e il primo amore non si scorda mai. Zemanlandia nasce e rinasce a Foggia non per caso. Nasce lì dove si aveva la pazienza di aspettare e non la fretta di arrivare, ma a Foggia le cose sono cambiate. Non è nemmeno un caso che se Zeman fu l’unico ad aspettare Casillo fuori da Poggioreale. «La prima cosa che ha fatto quando è ritornatoha detto il proprietario del noto bar- è stata venire qui a comprare le sigarette, almeno tre». Nella prima partita del Foggia della stagione 2010-11 c’era uno striscione “Bentornato a casa Zdenek”. Tutto era rimasto come lui l’ha lasciato: Casillo, il tifoso Iannuccio a regalargli caramelle, il campetto della parrocchia San Ciro, la città ambiziosa, la tifoseria in visibilio. «Alla presentazione di Zeman all’Ariston c’erano cinqemila tifosi e tanti altri erano fuori davanti al maxischermo».
E Zeman ha continuato ad andare alla pizzeria Rugantino con la squadra dopo ogni partita, a svagarsi al Tennis club in Via del Mare, a praticare il suo calcio, ad entusiasmare a suon di gol. Gli abbonamenti da 1.800 sono diventati 3.800. Ha fatto registrare il miglior attacco con Lorenzo Insigne e Marco Sau. Ha portato il Foggia al sesto posto, ma non è bastato. Voleva la promozione (tutti la sognavano, la storia poteva ripetersi) così non è stato. Forse perché i rapporti col presidente non erano più idilliaci, forse per problemi economici, solo Zeman lo sa. O nessuno. Eppure i tifosi lo amano ancora: «Tutto gli era concesso per quello che ha dimostrato in passato- ha detto l’allenatore uscente del Foggia Paolo Stringara-, gli sono state perdonate tutte le sconfitte, era il padrone qui. Per i foggiani è meglio di Mourinho». Il Foggia adesso rischia l’iscrizione al prossimo campionato della Lega Pro e la proprietà è in bilico. Zeman invece sta per riprendersi la sua Roma: se così sarà – e sarà così – nella Capitale potrebbe esserci qualche tifoso in più, perché chi ama davvero piange, ride, urla e segue il suo amore in caput mundi.