(R. Maida) – Il gol incassato a gambe aperte dalla Danimarca ha esasperato i dubbi su Stekelenburg, che sta concludendo la stagione così come l’aveva cominciata: male. Il 18 agosto, al primo impegno ufficiale con la maglia della Roma, un suo errore a Bratislava orientò dalla parte sbagliata il playoff di Europa League, peccato originale della gestione Luis Enrique. E anche dopo, tra il calcione in testa di Lucio e le espulsioni di Bergonzi, Stekelenburg è sembrato impaurito, triste e solo. Ha dimostrato molte volte di essere poco fortunato (quanti tiri all’angolino…) e poco adatto al calcio aggressivo che obbliga il portiere ad aspettare il contropiede 20 metri fuori dai pali.
Eppure, nonostante i numeri e i fluidi negativi, la Roma adesso deve sostenerlo. Non tanto perché l’ha pagato 6,3 milioni (più bonus) solo un anno fa. Ma perché Stekelenburg è un buon portiere. Forse meno bravo di quanto i tifosi sperassero, però molto più affidabile di quello che il primo anno italiano lascia credere. Per rinunciare a uno così devi avere pronto Buffon, come fece la Juventus 11 anni cacciando l’altro olandese Van der Sar. Ma siccome questa sostituzione non è replicabile, meglio resistere e insistere. Non ci sono tanti portieri più forti.
Paradossalmente proprio l’allenatore più spregiudicato che esista, Zeman, lo aiuterà a migliorare nella lacuna più evidente: le uscite. Quando capirà che il 4-3-3 parte dalla posizione “alta” del portiere, a tutti gli effetti coinvolto nell’azione, Stekelenburg raggiungerà un ottimo standard di rendimento, visto che con i piedi ci sa fare. Dopo un campionato di rodaggio, Stekelenburg deve solo convincersi di poter crescere a 30 anni. E poi tornerà il giocatore che ha vinto tanto nell’Ajax e ha raggiunto la finale mondiale con l’Olanda. Certi successi e certe partite non arrivano mai per caso.