(M. IZZI) – Romano, romanista e Campione d’Europa, sperando e incrociando le dita per il nostroDaniele De Rossi, possiamo dire che è già accaduto nell’anno del Signore 1968, aGiancarlo De Sisti, che così raccontava quell’importante momento della storia azzurra nel suo libro autobiografico “Giancarlo De Sisti campione e gentiluomo” (Reality Book): «Valcareggi mi disse che avrei giocato la mattina della partita, quando mi diede i biglietti omaggio della partita che avevo chiesto un po’ a tutti: all’Olimpico sarebbero venuti parenti e amici, così chiesi a tutti i compagni se potevano darmi i tagliandi che non servivano a loro. Mazzola, Rivera, Juliano, lo stesso Valcareggi mi diedero dei biglietti così potevo far contenti tutti quelli che mi avevano chiesto di vedere la seconda finale. Ne rimediai una trentina e più biglietti mi davano, più ero convinto che avrei giocato bene e che avremmo vinto. Dopo aver fatto il discorsetto prima di partire per lo stadio, il CT mi disse: “Picchio oggi non possiamo sbagliare”.
Gli risposi: “Mister, cercherò di non sbagliare. Sono convinto che faremo bene”. (…) La coppia d’attacco Riva-Anastasi era molto mobile ed efficace, metteva continuamente in difficoltà la difesa avversaria. Facemmo arrivare loro la palla con regolarità e precisione: dopo 13 minuti passammo in vantaggio con Riva per poi raddoppiare una ventina di minuti più tardi con Anastasi, al termine di un’azione impostata da me e Domenghini. Sul 2-0 tutto ci riusciva facile, anche perché la Jugoslavia era irriconoscibile rispetto alla prima partita (…).
Nel corso dei novanta minuti ci furono dei momenti di dominio da parte nostra fino al tripudio finale: l’Italia aveva vinto un trofeo dopo 30 anni esatti dal Mondiale del 1938 ed era tornata a recitare il ruolo che le competeva dopo la pessima figura del mondiale inglese di due anni prima. Per me, nato e cresciuto a Roma, nonostante fossi pienamente e felicemente inserito a Firenze, fu una sensazione eccezionale, e il fatto che avessi giocato veramente una bella partita, completò quella magnifica serata romana. In Tribuna avevo mia moglie, i miei genitori, i miei amici e parenti, e per qualche momento dopo la gara mi sentii forse anche più bravo di quanto non fossi, perché avevo partecipato alla conquista di un trofeo che l’Italia non aveva nella bacheca. La gente aveva ritrovato l’entusiasmo e il calore verso i colori azzurri, e uno dei ricordi indelebili che ho di quella serata è la fiaccolata che ci fu nel dopo partita sugli spalti dell’Olimpico: era quella la prima volta che assistevo ad una simile “coreografia” in uno stadio.
L’Italia festeggiava a Roma il titolo Europeo, per me era il massimo cui potevo aspirare. Forse solo il titolo mondiale sarebbe stato di più. Forse». Tra le pagine indelebili della storia degli europei azzurri, c’è anche la grande amarezza per la finale del 2000. Ci fu, è vero, il contentino di vedere Vincent Candela conquistare il titolo (primo tesserato in forza alla Roma a centrare l’obiettivo, ad oggi i convocati romanisti per gli Europei sono stati 25, 17 “azzurri” e 8 “stranieri”, con due “campioni”), ma il dispiacere per l’Italia di Francesco Totti, Delvecchio, Montella e Antonioli fu troppo grande.
L’altra storia a lieto fine degli “Europei giallorossi” è quella del “Ciclope” Dellas. Dellas era approdato alla Roma nel 2002, dopo esperienze maturate in Grecia, nell’Aris Salonicco e nel Panserraikos, ma anche in Inghilterra, nello Sheffield United e in Italia, nel Perugia di Gaucci. Traianos (che proprio lo scorso 26 maggio ha annunciato il suo ritiro dal calcio professionistico), è stato protagonista con la Grecia di una delle sorprese più clamorose della storia del calcio continentale. Il 4 luglio 2004, nella finale di Lisbona, la Grecia gettò nella disperazione l’intero Portogallo, che, guidato da Figo e Cristiano Ronaldo, era approdato alla finalissima. L’ex romanista ha così ricordato quell’impresa: «Partita dopo partita ci abbiamo creduto tutti. Quando siamo arrivati alla finale eravamo tranquilli. Non giocavamo un calcio spettacolare ma davamo i risultati. Sicuramente abbiamo portato una mentalità diversa, che in Grecia non c’era e abbiamo avuto i giocatori giusti per fare una squadra fortissima». Dellas regalò la sua maglia numero 5 di campione d’Europa a Giorgio Rossi.