(R. Boccardelli) – Tra le mani un vecchio notiziario del Settore Tecnico, la rivista che la Figc da anni invia ai suoi tesserati. Luglio-Agosto 2000 e in copertina un Grazie Azzurri con la foto dell’Italia vice campione d’Europa… Con Totti, Del Piero, Delvecchio, Nesta, Maldini e tanti altri grandi. CT Dino Zoff. A pagina 21 incontriamo la tesi di fine corso al master 1998-99 per l’abilitazione ad allenatore di 1ª categoria di Antonio Antonucci che in seguito ha avuto varie esperienze sulle panchine italiane ed europee (in particolare in Romania come secondo di Materazzi). Titolo: Esperienze e metodi di allenamento a confronto. Svolgimento sicuramente interessante con una lunga serie di schemi, esemplificazioni, riflessioni, deduzioni sul fare calcio. Ma la cosa che ci interessa di più è che in coda alla tesi Antonucci analizza tre modi di fare e proporre il 4-3-3 e lo fa intervistando (…), tre allenatori che interpretano diversamente il modulo: Ulivieri, Attardi e… Zeman. Già, proprio il boemo del quale in quella stagione, Antonucci ha seguito da vicino gli allenamenti della Roma a Trigoria.(…) Un’intervista “non autorizzata” pubblicata comunque in un organo federale. Roba di dodici anni fa, ma potrebbe essere di domani a Riscone di Brunico. Solo che con i giornalisti difficilmente il boemo andrebbe o riuscirebbe ad andare così a fondo sul dettaglio dei movimenti dei giocatori in campo, per come li intende lui. In attesa di gradoni, ripetute e percorsi di guerra tra i boschi dell’Alto Adige, scopriamo o riscopriamo (e magari studiamo) attraverso questo documento che ci arriva dal passato, il calcio targato Zeman.
Ecco un estratto della tesi elaborata da Antonio Antonucci, nel 1999, al Master di Coverciano.
Zeman, perché preferisce il 4-3-3?
«Perché mi sembra la scelta più razionale per coprire tutto il campo sia in larghezza sia in lunghezza. Si può imporre un gioco più geometrico e senza creare squilibri».
Il 4-3-3 garantisce la copertura difensiva?
«Per me sì».
La durissima dieta dei primi tre giorni di ritiro ha attinenza con la creazione di una mentalità portata alla rigidezza tattica?
«No, serve solo per disintossicare i giocatori che di solito durante le vacanze esagerano nel mangiare».
La durezza degli allenamenti vuole trasmettere ai giocatori un chiaro messaggio sul sacrificio che li attende e li prepara mentalmente alla rigorosità degli schemi?
«No, è in relazione con la possibilità di giocare intensamente per tutta la gara senza risentirne troppo. E’ chiaro che il duro lavoro comunque stimola lo spirito di gruppo».
I giocatori hanno capito che la tipologia di gara è cambiata con l’avvento dei tre cambi?
«No, quando un giocatore non gioca vuole andarsene, quando gioca bene dice lo stesso per farsi aumentare lo stipendio. In ogni modo cerco di non far acquistare doppioni per evitare dualismi deleteri».
Quale didattica usa per l’insegnamento di base?
«Con tutti i giocatori parto dal movimento singolo per ruolo, poi passo al reparto, poi alla fusione dei reparti ed infine ai movimenti di tutta la squadra. Lo scopo principale è di far capire la copertura delle distanze ed i tempi giusti».
Quando detta le regole?
«Prima del ritiro».
Cosa chiede agli attaccanti?
«Gli esterni devono tagliare per l’inserimento dei terzini: per me i terzini esterni devono essere molto bravi ad attaccare. I tre attaccanti non devono mai essere piatti, nella maniera più assoluta».
Cosa pretende dalla difesa?
«Ho già detto che i terzini devono essere pronti in ogni istante ad appoggiare la fase d’attacco, partecipando alla copertura con la catena con l’interno di centrocampo e l’attaccante di riferimento per l’occupazione degli spazi e il rispetto delle distanze rimanendo sempre equidistanti».
Mettiamo che un terzino sinistro, non potendo appoggiare in avanti è costretto a scaricare all’indietro e rimane troppo avanzato, cosa gli suggerisce di fare?
«Gli dico di scalare vicino al difensore centrale di sinistra. In ogni modo è più facile che la squadra avversaria lasci un attaccante dalla parte dove si sta difendendo che dall’altra parte, per cui il difensore tende a rimanere un po’ alto perché non ha nessun avversario dalla sua parte. Il terzino destro parte in avanti non appena il terzino sinistro scarica all’indietro sul difensore centrale. Il terzino sinistro non scala al fianco dei difensori centrali, ma sono questi che avanzano subito».
Mi può definire il suo regista ideale?
«Il regista ideale deve saper dettare i ritmi e i tempi. Capire tutti i movimenti dei compagni. Deve avere un buon calcio lungo sia per l’appoggio medio-lungo che per il tiro dalla distanza».
Qual è il compito degli interni?
«Gli interni sono collegati, per l’occupazione degli spazi, con i terzini esterni e con gli attaccanti delle relative zone di competenza. Entrambi devono accompagnare tutte le azioni offensive fino ad occupare, nella fase finale dell’azione, la zona davanti l’area avversaria: se un terzino o un attaccante vanno sulla fascia per effettuare un cross, tre uomini devono entrare in area e gli altri devono posizionarsi subito fuori per le ribattute, il regista deve essere pronto per il tiro dalla distanza».