(M. Calabresi) – Ora che sono passati 13 anni ed Eusebio Di Francesco è dall’altra parte della barricata , i ricordi si sono addolciti: quando sudava, anziché far sudare,Di Francesco era un faticatore, uno che il gruppo lo tirava, ma il ritiro di Zeman spaventava anche «lepri» come lui o Tommasi, un altro che nelle ripetute piazzava record in serie.«Durante la mia carriera ho lavorato duro anche con Orrico e Fascetti, ma mai come con Zeman». Detta così, suona come una sentenza: «Ma è soltanto questione di tempo — aggiunge —. La sera, andando a letto, si pensa alla fatica da fare la mattina successiva, e dopo qualche giorno ci si abitua. Certo, all’inizio…». La mattina il pallone lo si vede solo nel magazzino, mentre spunta fuori nel pomeriggio: «E nei primi quattro giorni si fanno anche i mille metri, le distanze a livello psicologico sono la parte peggiore — spiega Di Francesco —. Dieci volte, di cui l’ultima “di carattere”, con le ultime forze che restano. Al pallone tutti preferiranno la doccia». Alla faccia dei nuovi metodi di preparazione, all’insegna del pallone: «La parte del lavoro a secco è fondamentale, anche perché c’è la ricerca dell’obiettivo fisico che nessun esercizio con il pallone può darti. La farò anche con il Sassuolo, ricordandomi dei risultati che dava in campo la preparazione fatta con Zeman». Non ci sono mille metri o corse balzate con tubolari pieni di sabbia che spaventano quanto i gradoni. E lei, Di Francesco, li ricorda? «Eccome, ma li ricordano soprattutto le mie anche». Ahia. «Ma pure lì, è più il pensiero che l’esercizio vero e proprio. La stanchezza sarà inevitabile, ma ricompensata: in campionato difficilmente si va in riserva». Per tanti giovani sarà un inedito assoluto: «Ma questo è un gruppo che potrà fare grandi cose e i giovani con Zeman hanno l’occasione di crescere con un maestro. E mi aspetto che Lamela faccia il salto di qualità». Intanto, anche Erik cominci dai mille metri.