(C.Zucchelli) Un confronto a Trigoria sereno nei toni ma duro nei contenuti.Oggi, prima dell’allenamento in programma alle 15. Per cercare un punto d’incontro, per capire e capirsi, per confrontarsi. E per evitare altre serate da incubo come quella di mercoledì a Genova o quella di sabato all’Olimpico contro il Milan. Luis Enrique parlerà alla squadra, i giocatori risponderanno. Analizzeranno le immagini della partita contro i rossoneri, l’allenatore si soffermerà sui tanti – troppi – errori commessi dai singoli, soprattutto in fase difensiva.
Già nel post partita aveva manifestato tutto il suo disappunto: prima alla squadra nello spogliatoio (dove le sue parole sono state accolte da un silenzio generale) e poi davanti alle telecamere. Frasi come «Vorrei vedere 18 Pjanic» oppure «Quando Burdisso saltava aveva Zambrotta al collo, quando ha segnato Nesta è partito da lontano e sembrava di stare in amichevole» sono state lo specchio del malumore dell’allenatore, manifestato poi anche ai dirigenti. Che hanno compreso e gli sono accanto. Così come, da uomini di sport, hanno compreso e comprendono anche le difficoltà dei giocatori nell’adattarsi a un modulo così particolare e con interpreti sempre diversi. Il fatto che non ci sia una formazione tipo da un lato fa stare tutti sulla corda – cosa che negli altri anni non c’era, come sottolineato dal ds Sabatini nella sua prima conferenza stampa – ma dall’altro fa sì che la squadra non abbia mai riferimenti o certezze. Ci sono alcuni aspetti che hanno lasciati perplessi i giocatori. Un esempio: perché provare Taddei titolare e poi mandarlo in tribuna? Oppure, non bisognerebbe allenarsi di più sulle palle inattive? Luis Enrique sta modificando qualcosa. Nelle ultime tre partite ha schierato, ad esempio, sempre lo stesso centrocampo composto da De Rossi, Pizarro e Gago. «Anche lui sta imparando piano piano» ripetono continuamente i dirigenti della Roma e non è retorica. E’cronaca.
L’allenatore sta capendo i suoi sbagli e soprattutto si sta adattando al calcio italiano che è profondamente diverso da quello spagnolo dove ci sono due super squadre, tre quattro club di fascia medio alta e poi tante squadre di livello inferiore. In Italia no. In Italia ci sono esempi come il Siena di Sannino che vola in Serie A e che con una rosa nettamente inferiore viene all’Olimpico e ti mette paura. Nel confronto di oggi a Trigoria – non si sa ancora se alla presenza o meno dei dirigenti – i giocatori verranno richiamati a un maggiore senso di responsabilità. Non dal punto di vista dell’impegno – quello c’è sempre stato, fin dal primo giorno di raduno a Riscone – quanto piuttosto dal punto di vista della concentrazione e della cattiveria. Non solo: Luis Enrique pretende che alcuni errori grossolani (vedi perdere palla sulla trequarti o scordarsi le marcature sulle palle da fermo) vengano evitati o quantomeno ridotti al minimo perché la Roma li sta pagando a carissimo prezzo. La classifica, in questo senso, parla chiaro, anche se Luis Enrique ha detto di non vederla. E per fortuna, verrebbe da aggiungere, visto che la Roma, eliminata nel preliminare di Europa League dallo Slovan Bratislava, ha un punto in meno rispetto allo scorso anno, con Ranieri in panchina, ed è il secondo peggior avvio (dopo quello del 2008-2009) degli ultimi dieci anni.
Questo aspetto, cioè la mancanza di risultati, potrebbe incrinare il rapporto di fiducia – che c’era e c’è ancora – tra Luis Enrique, il suo staff e i giocatori. Alla squadra l’allenatore spagnolo piace. Piacciono le sue idee, la sua sincerità, il suo modo totale di dedicarsi al lavoro (sabato, subito dopo le interviste, già stava rivedendo la partita). Qualcuno non ne apprezzava l’eccessivo integralismo, aspetto che sta però venendo meno. Tutto bene quindi? No. Perché i risultati non arrivano e qualcosa, in caso di sconfitta a Novara e con due settimane di sosta prima dell’arrivo del Lecce, potrebbe iniziare a scricchiolare. Sarebbe la cosa peggiore. Grave quasi quanto il fatto che un signore che si chiama Zlatan Ibrahimovic sia stato lasciato libero di saltare come se si stesse giocando scapoli contro ammogliati. Inutile stabilire di chi sia la colpa. Utile, magari, sarà trovare la soluzione. Da oggi a Trigoria si ricomincia.