(M. Cecchini) – Forse è tornato, forse non se n’era mai andato, forse l’aria statunitense lo ha tonificato al punto tale da restituirgli — anche fisicamente — una centralità che la fine della scorsa stagione e l’inizio della nuova sembravano avergli sottratto. Di sicuro Franco Baldini pare essere (ancora) il «dominus» della nuova Roma, nonostante la storia e i partner lo abbiano costretto a fare a meno di Luis Enrique (allenatore), Daniele Lo Monaco (responsabile della comunicazione) e Franco Tancredi (preparatore dei portieri), tutti personaggi a lui legati sia da vincoli personali che professionali. Quanto basta perché si raccontasse il d.g. come indebolito, se non addirittura in uscita.
Hello Pallotta Ma la scorsa settimana un (ennesimo) colloquio telefonico con James Pallotta — vero presidente di un club a proprietà variabile — gli ha ribadito un messaggio chiaro: «Franco, tu sei la Roma». Nel giorno in cui la squadra prende piede della casa madre di Boston — tra visita al sindaco (forse) e incontri con tutti i soci della cordata — la benedizione del «padrone», ci sottopone un motivo di riflessione. Se il d.g. nel giro degli ultimi tre mesi ha chiesto altrettante volte (a fine campionato, a giugno e l’ultima appunto pochi giorni fa) se ci fosse ancora piena fiducia in lui e nel suo progetto, è probabile che una sensazione di diffuso disagio ci possa essere stata nel galleggiare in una Trigoria mai a corto di veleni.
Verifica Su ogni dirigente i sussurri raccontano, sgradevolmente, o di scarso stakanovismo, o di scarsa comprensione di una realtà metropolitana, o di scarsa capacità di fare gioco di squadra. Certo, non è detto che un (buon) lavoro di gruppo debba comportare amicizia, ma di certo può aiutare e per questo Baldini — che non ha mai fatto mistero delle offerte a sua disposizione (dalla Russia di Capello al Tottenham, per dirne solo un paio) — ha ritenuto di dover chiedere a Pallotta se le linee guida americane fossero cambiate, in un momento in cui i rapporti con l’a.d. Pannes e quelli (tecnico-calcistici) con Sabatini di frequente sono stati impostati su un piano dialettico non sempre convergente, e persino la linea del codice etico da lui propugnata sembra non essere più tra le priorità della nuova Roma.
Delegare Insomma, la parola chiave adesso è sempre una: delegare.Pannes si muove tra finanza e comunicazione, Fenucci cura i rapporti istituzionali, mentre Sabatini segue mercato e prima squadra. Con loro, come una sorta di «primus in inter pares», Baldini tiene le fila di tutto, forte (anche) di una immagine che rende la Roma più accattivante sia sul piano storico che dei rapporti internazionali. Occhio però, l’impressione è che se il d.g. dovesse avere la sensazione di essere solo un «marchio» utile a rassicurare la piazza soprattutto alla luce di risultati non all’altezza delle aspettative, potrebbe sentirsi sciolto dal patto d’onore preso a suo tempo. Baldini, in fondo, è troppo giovane e troppo capace per vivere solo come uomo immagine.