(L.Pelosi) La verità fa sempre un po’ male. Anzi, brucia. Come la coda di paglia della Juventus, che dopo le dichiarazioni di Zeman dell’altro ieri in conferenza stampa, insorge per bocca dell’amministratore delegato Beppe Marotta: “Mi auguro che il presidente dell’associazione allenatori prenda una posizione”. Anche Zeman è un allenatore, quindi l’Assoallenatori deve tutelare anche il boemo. Il presidente Renzo Ulivieri si è limitato a dichiarare che “ci sono delle regole, solo a queste bisogna attenersi. Non c’è altra posizione possibile”.
Torniamo a Marotta, che prosegue: “Anche se non ha mai menzionato Conte, il riferimento di Zeman era chiaro. O la sua era una boutade, o è stato inopportuno, perché parla di un collega condannato per omessa denuncia e non illecito”. E quindi? Si può parlare solo di chi è condannato per illecito? Chissà. Ancora il dirigente bianconero: “Il regolamento dice che può andare in panchina”. E infatti Zeman ha detto che il regolamento dovrebbe essere diverso, non consentendo a un tecnico squalificato di poter allenare. E poi Zeman lavora in una società che ha una proprietà americana. Magari sa anche che cosa è successo proprio negli Stati Uniti. Sean Payton, allenatore dei New Orleans Saints, franchigia di football americano della Nfl, è stato squalificato per tutta la stagione perché non poteva non sapere che il suo allenatore della difesa dava dei premi in denaro ai propri giocatori. Bene, non solo non può allenare, ma non può neanche avvicinarsi agli uffici della società.
Marotta, comunque, non si ferma: “Zeman aveva già parlato degli scudetti della Juventus e il fatto è ancora più grave perché alimenta tensioni”. Alimenta tensioni più questo o più auto-assegnarsi 30 scudetti invece di 28? “Adesso ritengo che quelle frasi su un suo collega siano proprio inconcepibili ed inaccettabili” continua Marotta ai microfoni di Sky, e poi fa un bel favore a Zeman: “Di lui mi ricordo ancora il maggio 2005 quando negli ultimi dieci minuti di Lecce-Parma seguì la partita con le spalle girate al campo. Devo ancora capire quel gesto: dovrebbe spiegarlo invece di interessarsi delle vicende che non lo riguardano”. L’ha già spiegato ed è molto chiaro. Marotta in effetti fa un bell’assist a Zeman, citando quella partita, che testimonia la totale onestà dell’attuale tecnico della Roma. Forse conta sulla memoria corta. Ma da queste parti la memoria c’è e allora va tirata fuori. In quella partita serviva un pareggio per la salvezza della Fiorentina. “Ci pensiamo noi a salvarti” dice al telefono, il 29 maggio, Moggi a Diego Della Valle. Viene sorteggiato (?) l’arbitro Massimo De Santis che combina di tutto. Zeman nel finale si mette dietro la panchina, “perché non c’era niente da vedere”, dissociandosi da ciò che accadeva in campo, dove a un certo punto i giocatori avevano smesso di giocare. Ce l’aveva con loro Zeman, piuttosto che con l’arbitro. Finì naturalmente in pareggio, 3-3, con la telefonata finale dell’allora vicepresidente federale Innocenzo Mazzini all’ad della Fiorentina Mencucci: “L’operazione chirurgica è stata perfetta”.
E ora si può tornare a Marotta, che sottolinea: “Allorquando si squalificano calciatori e allenatori si creano grandi danni, anche economici, alle società di calcio. Ciò avviene anche senza prove certe, a causa di un codice obsoleto, da cambiare al più presto. Noi rispetteremo di certo le sentenze, quando queste saranno definitive. Ma c’è anche un regolamento, che dice chiaramente che è lecito che un allenatore possa svolgere il suo lavoro durante la settimana”. Insomma, le regole che non piacciono sono “obsolete”, quelle che piacciono, invece, vanno bene.
La vicenda è stata poi chiusa in serata dalle parole del dg della Roma Franco Baldini: “Quella di Zeman è un’opinione personale e in quanto tale da ritenersi legittima, fornita in seguito ad una domanda generica ed alla quale negli stessi termini è stata data risposta, tralasciando l’uso che della risposta è stato fatto, ha generato un’altra inutile polemica. Abbiamo appena finito di realizzare, attraverso le Olimpiadi, quanta bellezza lo sport sia invece in grado di generare, bellezza che la As Roma davvero non vorrebbe rendersi complice nel disperdere. Una volta rilevato, da parte nostra, la profonda differenza tra regolamenti e sentenze con quelle che sono invece semplici ed inutili illazioni, ci auguriamo ed auguriamo a tutti un buon campionato”.
Ultima considerazione, su un’altra frase di Marotta: “Noi rispetteremo le sentenze, quando saranno definitive”. Come facciamo ad esserne sicuri, visto che, nonostante le sentenze definitive, ancora si auto-assegnano 30 scudetti?