(G. Foschini / M. Mensurati) – Si può essere sportivi. E insieme omertosi. Essere modelli per i bambini e, nello stesso tempo, per dirla con le parole del procuratore antimafia di Bari, Antonio Laudati, «essere d’intralcio, o certo non di aiuto, alle indagini della magistratura e quindi all’accertamento della verità». È questa la storia dei calciatori italiani che in queste settimane stanno sfilando, come indagati, davanti ai magistrati pugliesi. E si stanno rifiutando di rispondere alle domande dei magistrati avvalendosi della facoltà di non rispondere, facoltà concessa loro dal codice di procedura penale, ma che certo non combacia con la retorica della lealtà sportiva che dovrebbero rappresentare.I giocatori sono accusati di un reato terribile per un atleta: aver venduto partite della propria squadra, partecipando in qualche modo o soltanto assistendo a una spartizione di denaro.
I nomi sono noti. Molti giocano oggi in serie A. C’è l’azzurro Andrea Ranocchia. L’attaccante Paulo Victor Barreto. Il mediano Alessandro Gazzi. L’ala Stefano Guberti. E poi ancora, scendendo nelle serie minori, Ganci, Santoruvo, Bonanni, Pianu, Esposito Galasso, Colombo, De Vezze. Sono tutti indagati. E oltre al fatto di essere rimasti in silenzio davanti al giudice, li accomuna il fatto di essere stati calciatori del Bari. A loro viene contestato e chiesto se sia vero che i risultati di alcune partite (per esempio la gara contro la Salernitana del 2009 o con il Treviso del 2008) siano stati dettati da una corruzione. A raccontare tutto è stato il pentito Andrea Masiello. Conferme, seppure indirette, sono arrivate dall’altro pentito Vittorio Micolucci, già bollato come “Merdolucci” nell’ambiente e dal centrocampista Daniele Lanzafame. Qualcosa l’ha raccontata anche Christian Stellini, l’ormai ex assistente di Antonio Conte, squalificato per il calcioscommesse.
Tutti gli altri invece hanno preferito non parlare, creando non pochi problemi ai magistrati pugliesi. «È complicato – aveva spiegato a Repubblica il procuratore Antonio Laudati – arrivare ad accertare la verità perché i calciatori hanno paura di parlare: rischiano di essere squalificati per omessa denuncia». Non è un caso, secondo gli investigatori, che questa ondata di silenzi arrivi in contemporanea con il grande caos dei processi sportivi. I calciatori hanno paura, e come era inevitabile che fosse, la Figc (che da un lato invoca alla collaborazione) con la decisione di spezzettare i processi sportivi e di non attendere la chiusura delle indagini preliminari delle inchieste penali, ha di fatto spinto i giocatori al silenzio. Il danno – dicono da Bari – è importante. Senza la collaborazione dei giocatori diventa più difficile inchiodare chi manovrava dietro gli scommettitori che facevano pressioni sullo spogliatoio: la criminalità organizzata.