(M. Ferretti) – «Io non ho mai pensato di lasciare la Roma. E non l’ho neppure mai chiesto. Mai. Mai. Il giorno che vorrò andare via, se mai succederà, verrò qui e ve lo dirò. Mi prenderò le mie responsabilità, senza accollarle a questo o a quello». Sincero, spietato, Daniele De Rossi. Con infinita serenità, e con il piglio di chi sa esattamente cosa vuole da sé e dagli altri, ha voluto dire la sua sulla “tarantella”, come l’ha definita lui stesso, legata ad una sua partenza verso Manchester, sponda City.
«Messaggi, Mancini, telefonate… È stato scritto di tutto. E non è la prima volta. Mentre alcuni articoli mi hanno fatto sorridere, altri li ho trovati gravi. Si è parlato di una proposta indecente per una mia cessione, ma è difficile quantificarla. C’è chi pensa che io possa valere 100 e chi 0. Il discorso sulla cedibilità ci sta: in passato sono stati venduti Zidane, Cristiano Ronaldo, adesso Ibrahimovic e Thiago Silva, calciatori fortissimi, figuriamoci se io non posso essere messo in discussione. Ritengo sacrosanto questo discorso. Ma per la gente io ho un valore diverso, l’ho visto anche domenica sera all’Olimpico. Spero di essere considerato importante come calciatore perché sono bravo, non soprattutto perché sono romano…».
Non solo il City si è fatto avanti con Daniele, ma gli inglesi sono stati quelli che l’hanno fatto in maniera più concreta. «Ho parlato una sola volta al telefono con Mancini, che è una persona che stimo ma che non è mio amico. E a lui ho detto quello che ho detto a voi prima: mai pensato di lasciare la Roma, e per me il discorso è finito lì. È falso che mi abbia detto che se resto alla Roma farò la fine di Totti, che è un giocatore che lui stima moltissimo. Francesco finirà la carriera con almeno uno scudetto, io dico: magari potessi imitarlo. Per lui è poco, avrebbe potuto vincere tutto, avrebbe potuto ricevere premi come il Pallone d’Oro. Io non sono un talento indiscutibile: ambisco, però, a vincere uno scudetto da qui ai prossimi cinque anni. Vincere uno scudetto qui vorrebbe dire aver fatto il massimo nella mia carriera. Proverò a vincerne cinque, ovviamente, ma c’è anche una realtà di fronte. Non si può vincere sempre. Ma nemmeno mai… Io non so se la Roma ha pensato davvero di cedermi. Per me l’offerta indecente alla Roma non è mai arrivata, ma sono i dirigenti a dover rispondere, lo sanno loro. Io so che puntano molto su di me: mi hanno fatto un contratto importante, è difficile che a livello italiano si faranno altri contratti così. Cinque mesi fa io ho fatto una scelta, ma forse in realtà l’ho fatta trenta anni fa… Nevicava, era inverno, ora che fa 40 gradi non è diverso. Le mie idee non cambiano con il clima».
Nega, De Rossi, che le tarantelle mediatiche possano aver creato crepe con la tifoseria. «La risposta della gente c’è stata l’altra sera. L’affetto è stato tanto. I gufi, però, ci saranno sempre: ci sarà chi, alla prima palla persa, dirà che avrebbero potuto vendermi a buon prezzo. Le cifre, però, non so da dove arrivano, alcune credo fossero inventate. La pressione ci sarà sempre perché il tifoso ultimamente si è messo a fare il commercialista, guarda i prezzi, controlla gli stipendi. Il calcio moderno è diventato finanza, ormai. Io, comunque, ho parlato chiaramente e l’ho detto a chi dovevo dirlo: sto bene qui. Non voglio la medaglia, ma ho fatto diciotto giorni di vacanza e non mi sono mai fermato in allenamento. Ci sto mettendo tutto me stesso, è il mio lavoro, ho fatto soltanto il mio dovere. Ma uno che pensa di lasciare una squadra non si sarebbe comportato così». E se la Roma volesse vendere De Rossi? «Io ho sempre risposto al mio procuratore, alla società che mi ha cercato e alla Roma che volevo stare qui. Se la Roma dovesse scaricarmi per qualunque motivo, tipo non vado bene all’allenatore, guadagno troppo o ci servono i soldi per andare avanti io ragionerò in base alle motivazioni che mi verranno fornite. Ricordate Nesta? In un momento critico con la sua cessione la Lazio ha risanato tutto. Ma la situazione economica attuale della Roma mi sembra diversa…».
A ruota libera anche su Zeman, De Rossi. «Mai pensato di andarmene perché non c’era più Luis Enrique ma il boemo. Potrei chiedere domani di andar via perché voglio andare a giocare in Cina, ma non per certe cose… Chi ha parlato di problemi con Zeman ha detto una bugia clamorosa. All’inizio, sono sincero, speravo che la Roma prendesse Montella perché è un mio amico, mi conosce e sono convinto sia un grande allenatore. Avevo paura di avere problemi con Zeman, invece ho trovato una grande persona. Mi sembrava un musone, uno troppo serio. Invece è piacevole, scherza, fa battute. Non ho mai lavorato così tanto, ma sotto certi aspetti è anche stimolante. In campo so che con lui quando prendo palla gli attaccanti fanno mille movimenti, che potrei fare più assist e che, da interno, potrei fare più gol. Spero di essere adatto al suo gioco, ma non credo di dover fare la capriole, il calcio è quello. Ci sono diverse interpretazioni, ma il calcio è sempre quello. Finora con tutti gli allenatori ho giocato…».
Alla fine del passato campionato, De Rossi aveva pungolato la società: servono rinforzi, la sintesi. Situazione? «Avevo parlato di determinazione, velocità e acquisti ed è stato fatto ciò che avevo chiesto. Sono arrivati giocatori molto bravi, che ho scoperto a Irdning. Sono soddisfatto: la squadra creata è importante. Mi dispiace siano andati via esempi di professionalità come Cassetti, Heinze e altri che hanno fatto parte di un gruppo importante. Lo zoccolo duro della Roma si sta sgretolando, ma è stato comprato materiale importante. Tra i nuovi non ce n’è uno che mi ha colpito più degli altri. Bradley lo avevo affrontato da avversario, ma ho scoperto un giocatore veramente bravo. La scoperta piacevole non sono Destro o Balzaretti, che già conoscevo, bensì Piris, Tachtsidis. Da non dimenticare quelli che c’erano lo scorso anno: basta poco, con questo allenatore possono fare tantissimo. Lamela, Bojan e Osvaldo potrebbero fare cose incredibili. Non so se la Roma parte per vincere lo scudetto. Non penso che lo scorso anno abbiamo sofferto per una mancanza di obiettivi, anche se a me non è piaciuto che quando stavamo a tre punti dalla Champions si parlava di anno di transizione. Mi sembrava un alibi. Con due vittorie in più saremmo arrivati a pochi passi da traguardi importanti. Ci siamo rafforzati più di altre squadre. Se c’era un divario, ora si è assottigliato. La Juventus è forse un pò sopra, ma non sempre la più forte vince. Lo scorso anno la più forte era Milan… La sensazione è quella di poter fare una grande stagione. Non voglio parlare di obiettivi. Abbiamo spesso sbagliato a dire certe cose, a volte anche io l’ho fatto, e la brutta figura poi è stata doppia. La mia volontà è quella di andare almeno in Champions».
Finalino su Zeman e la Juventus. «Non credo che le frasi del mister possano precluderci vittorie e trofei. Non più, almeno… Si comincia con un bel clima acceso, soprattutto per quello che è successo in Supercoppa. C’è da parte mia rivalità da tifoso con la Juventus, ma la rivalità con i giocatori è impossibile. Molti miei amici stanno proprio lì. Credo che il mister, però, debba essere libero di poter dire quello che pensa. Spesso ha detto cose importanti per tutto il calcio».