(T. Carmellini) – Deciso, sicuro, senza mai abbassare lo sguardo o fare «zero a zero» su qualcosa. De Rossi ormai è un uomo fatto e come tale ha inforcato il microfono per prendersi le sue responsabilità, senza fare il «paraculo» (tanto per restare in tema con la piazza), esporre la sua verità sul caso-City e confermare quello che di fatto aveva già detto qualche mese addietro: la sua vita è la Roma, una scelta «fatta trent’anni fa» ha detto scherzando… ma è la verità. Quando hai quel dna, conta poco aver cervello (e lui ne ha), perché è il cuore a prevalere: sempre. Così, ha aspettato che la burrasca arrivare al culmine e poi è uscito a vele spiegate nel mare in tempesta per far tornare, in un nanosecondo, la bonaccia. Sorridente, sereno, infastidito solo da qualche sassolino che da troppo tempo teneva nelle scarpe e che non ha faticato a tirar fuori. Ma è il rovescio della medaglia di essere Daniele De Rossi a Roma, personaggio osannato dai trentacinquemila romanisti piombati, tre giorni addietro, all’Olimpico dirattemente dalle spiagge in barba a Caligola, Nerone o Lucifero che sia… insomma un caldo della madonna. Inevitabile quindi che, mentre rampolli (scarsi e presuntuosi) di illustri passati sgomitavano per aver voce e visibilità, nell’affollatissima sala stampa di Trigoria, lui recitava quel ruolo da protagonista che ormai il «suo» popolo gli ha ritagliato su misura.
«Uno scudetto nei prossimi cinque anni mi andrebbe benissimo» non è una frase qualunque, ma una roba di quelle che arrivano dirette al cuore di chi lo ha adottato quando era alto così. Una ventata di romanticismo in assoluta controtendenza ai nuovi diktat del calcio finanziario fatto di soldi, petrolio e contratti milionari(non che De Rossi guadagni poco eh…). E in un’era che vede ammainate in malomodo le ultime bandiere (Del Pieo docet) chi ha gente come De Rossi fa bene a tenersela stretta!