(C. Zucchelli) – Alla Roma erano stati buoni profeti visto che un paio di giorni fa avevano pubblicato su Facebook una foto di Osvaldo mentre in roveschiata colpisce il pallone con sfondo la scritta As Roma. Evidentemente chi lo vede tutti i giorni ha puntato su colui che, Cavani a parte, è in questo momento l’attaccante più forte del campionato italiano.
Lo dimostra con il club – due gol in due giornate – e con la Nazionale. Maglia numero 9 sulle spalle, Osvaldo con una doppietta non solo ha ridato fiato all’Italia che era passata in svantaggio ma ha anche messo a tacere (fosse la volta buona…) tutti quelli che ancora continuano a parlare del suo carattere, dei suoi look, della sua vita privata e chi più ne ha più ne metta.
«Sono felice per la doppietta – ha detto al fischio finale – peccato per il risultato finale. Diciamo che sono contento a metà. Sapevamo che era una partita difficile, nel secondo tempo abbiamo sofferto troppo e il pari tutto sommato è meritato. Devo lavorare ancora molto, giorno dopo giorno, ci sono cose che devo cambiare… Giovinco? Abbiamo fatto dei buoni scambi, mi trovo bene a giocare con lui».
Che Osvaldo sia un personaggio da copertina è chiaro. Bello è bello. Stravagante idem. Mai banale pure, sia nella scelta dei vestiti sia nella scelta delle parole. Quando parla lui non è mai scontato e ogni tanto a Trigoria temono quello che dice. Facile capire perché: in un mondo ipocrita come quello del calcio italiano chi dice la verità spesso è visto male. E Osvaldo è visto male, e tanto, dagli arbitri. Zeman lo ha detto chiaro lunedì in Campidoglio: «Deve protestare di meno, almeno sarà meno antipatico». Vero, verissimo.
Lui lo sa, sa che è preso di mira e sa che non deve commettere neanche la più piccola ingenuità. A San Siro però – e questo lo ha detto e ribadito ad allenatore e dirigenti – non l’ha commessa. Almeno non nel caso della seconda ammonizione: «Potevo evitare di calciare dopo che ha fischiato – ha ammesso – ma poi ho cercato solo di coprirmi il volto». Bergonzi, con cui già da Juve-Roma della passata stagione ha avuto a che ridire, non l’ha pensata così. Rosso e addio Roma-Bologna. Un peccato, considerando il suo stato di forma. Lui comunque sembra aver capito e durante la conferenza stampa con l’Italia ha misurato ogni parola. A Coverciano hanno apprezzato, a Trigoria ancora di più.
D’altronde Osvaldo è un patrimonio della società: richiesto da Luis Enrique su consiglio di De La Pena, ha messo a segno 13 gol in 28 presenze. Lo scorso anno aveva iniziato benissimo poi nella seconda parte di stagione era stato frenato da un infortunio prima e da alcune bizze caratteriali (quelle sì…) che hanno fatto dire a qualcuno che nella Roma targata Zeman per lui non ci sarebbe stato più spazio. Falso, a dir poco. Visto che di questa Roma Osvaldo è un punto fermo: «Mi sento bene, lavorare con Zeman è bello e per noi attaccanti è l’ideale». E pazienza se c’è chi parla di lui solo per la vita privata (due figli e un terzo in arrivo) o solo per il fatto che i giornalisti non sono la sua passione.
Lui, come ha scritto a chi lo criticava su Twitter (chiedendo prima: «Perché mi segui se non ti piaccio?»), dalle critiche «prende solo forza».
E negli scorsi mesi ne ha ricevute eccome ma è andato avanti. Oltre. Quattro gol in tre partite dal 26 agosto a oggi, un ruolo importantissimo nella Roma e importante in azzurro. Era quello che voleva. E non ha intenzione di fermarsi. Anche e soprattutto per chi gli è vicina. A sua figlia Victoria, il grande amore, la dedica per la doppietta azzurra: «Ogni volta che va in chiesa dice una preghiera per me e accende una candelina. Questi due gol sono per lei».