Il nome e il passaporto sono italiani, l’origine in genere sudamericana, il ruolo prevalentemente attaccante. Ladoppietta salva-Italia in Bulgaria firmata Pablo Daniel Osvaldoravviva il lungo matrimonio con la nazionale di quelli che un tempo venivano definiti oriundi, sospesi tra due paesi e due patrie calcistiche, che scelgono spesso per opportunità con quale accasarsi.
Da Ermanno Aebi (nato in Svizzera ed esordiente nel 1920) ad Ezechiel Schelotto (origine argentina e debutto il 15 agosto scorso con gli inglesi) sono passati 92 anni, un lungo intreccio di storie condito spesso da molte polemiche. Recente il caso più eclatante: Mauro German Camoranesicampione del mondo 2006 con Lippi con un tragitto azzurro di 55 presenze, l’oriundo più fedele. Ma non il solo iridato con la nazionale italiana: precedenti illustri sono quelli di Mumo Orsi, centromediano juventino già finalista perdente con l’argentina nel 1930, che contribuì al titolo della squadra di Pozzo con un gol in finale nel 1934. All’avventura parteciparono anche Luis Monti, centromediano inesauribile, ed Enrique Guaita, autore dell’unico gol in semifinale, poi in fuga rocambolesca dall’Italia per non essere arruolato.
Nel 1938 toccò a Miguel Andreolo, altro centromediano di origine uruguaiane, fregiarsi del titolo. Ma nell’immaginario popolare oriundo in nazionale equivale ad attaccante, perchè il loro apporto è sinonimo di promessa di gol, non sempre mantenuta seconda le aspettative create dai fasti in campionato. Il più prolifico è stato un altro argentino, torinista e spendaccione, Julio Libonatti, matador da 15 reti in 17 partite (due in più di Orsi) a cavallo degli anni ’30. A questa generazione appartiene Renato Cesarini, estrosa mezzala juventina, i cui gol agli ultimi minuti lo hanno consegnato all’immortalità calcistica. L’importazione massiccia di talenti proseguì con la crisi del calcio italiano nel dopo Superga: è stato irrilevante il contributo di Ghiggia e Schiaffino, i due uruguagi che nel 1950 avevano ammutolito il Maracanà, come di due ‘angeli dalla faccia sporcà argentini, Maschio e Angelillo. Meglio decisamente andò al terzo, il cabezon Sivori, ‘antenatò di Maradona, autore di 8 gol in nove partite e al vice-Pelè Josè Altafini, protagonista in campionato con le tre ‘reincarnazionì Milan-Napoli-Juve, che in azzurro segnò comunque 5 gol in 6 gare, l’ultima doppietta prima di quella di Osvaldo. Un’epoca che ha visto il rendimento altalenante di altre stelle come Montuori, Lojacono, Da Costa, Pesaola e Sormani. Il disastro prima nelle eliminatorie del 1958 e poi della spedizione cilena convinse la Figc all’autarchia e alla chiusura agli oriundi. A 41 anni daAngelo Benedicto Sormani è toccato a Camoranesi nel 2003 riaprire la strada non senza polemiche sulla conoscenza dell’inno nazionale. Ma il suo apporto è stato importante e resterà nella storia azzurra per il contributo al titolo mondiale.
Meno significative le comparsate successive e recenti di Ledesma, Amauri, Motta e Schelotto. Ora tocca a Osvaldo riaprire la stagione delle speranze: i due gol di ieri dopo l’ottimo avvio di campionato gli danno credibilità: Prandelli , che pure ha molti attaccanti promettenti, ha intenzione di puntare su di lui, e la storia degli oriundi in azzurro può sperare in nuovi capitoli interessanti.