(G.Dotto) – In questo andazzo da fine del mondo non c’è niente di meglio che essere apocalittici da Miami Beach , magari al fondo di un happy hour prolungato e travestirsi da Masaniello che arringa in bermuda e bandana a folle immaginarie su stadi fantasma e partite ingiocabili. Il Cellino che, dal suo eremo con vista su Pamela Anderson, spedisce proclami ottocenteschi, intrisi di romanticismo sovversivo e quella vena mai dormiente di separatismo isolano, fa quasi tenerezza. Voglio dire, ha combinato un casino mai visto, ha eccitato a sangue gli opinionisti della domenica, costretti se non a rimestare il tristo brodino della pax televisiva tra Pippo e Max, ha fatto incazzare Beretta e persino Abete, ha sturato l’ultimo show orale di Lotito, che a quanto mi risulta continua ancora a telecamere spente. Ma è in fondo solo il crepuscolo di un ragazzo che annusa l’odore acre dei sessanta, di cui venti da presidente del suo Cagliari, sempre più incline a confondere la vita e il calcio in quanto vita con il gioco, in attesa di trovare un ingaggio in qualche band della Florida come chitarra elettrica al seguito.
Imperdonabile è il Cellino del giorno dopo. Quello che, invece di estremizzare il delirio o giustificarlo in qualunque modo, vedi un certificato medico o una giustificazione da Rimbaud, prova goffamente a spiegarlo e, non riuscendoci, si avventa sull’unica risorsa che gli resta, l’invettiva a buon mercato. “Avvoltoi” sarebbero la Roma e Baldini in quanto Roma solo perché si trovano, inconsapevoli, senza volerlo e soprattutto senza capirlo, nell’inerzia di un’anomalia unica nel mondo del calcio, svegliati all’alba dalla notizia che la partita non si giocava perché Cellino da Miamo lo aveva di fatto deciso e rispediti a casa col primo aereo. Da abecedario della Giustizia sportiva la sconfitta a tavolino, Roma o non Roma. Quello del giorno dopo è il Cellino peggiore, il bambino che la fa grossa e, dopo averla fatta grossa, la mette nel ventilatore perché il tanto peggio sia il tanto meglio.
In tutto ciò non si sa, anzi, si sa benissimo, se fa più stizza il Cellino furioso alla sua ultima spiaggia o le mummificate grisaglie sparse tra Federazione, Lega e Parlamento che questa anomalia hanno generato e ora se ne fanno scherno in queste ore, lapidandola con pietre da restituire al mittente. Spettatori drammaticamente passivi della vergogna che “non li rigurarda”, le terribili e regressive sorti del nostro, del loro calcio. A cominciare dagli stadi italiani, prima stuprati poi desertificati. Una vergogna di cui non sanno nemmeno arrossire.