(L. Pelosi) – Ad essere buoni, si potrebbe dire che il doping segue la Juventus come un’ombra. E infatti ecco che qualche ombra torna sulla società bianconera dopo il processo che si concluse con la sentenza della cassazione che certificava l’abuso di farmaci, reato caduto in prescrizione. «Prescritti», ironia degli sfottò, è uno dei termini che oggi gli juventini usano contro gli interisti, ricordando loro la parte di Calciopoli emersa dopo il 2006. L’ombra torna oggi, alla scoperta che nella Juventus, come riporta l’International Business Times, lavora come “preparatore atletico” il medico Julio Tous Fajardo. Si tratta di un ex ricercatore presso il laboratorio di performance sportiva dell’università di Barcellona, considerato un luminare dell’allenamento di potenza e velocità, già preparatore del Barcellona ai tempi di Rijkaard. Il nome di Julio Tous Fajardo è legato a Rafael Nadal, il tennista che da anni stupisce tutti oltre che per il suo gioco anche per la sua potenza muscolare e di cui lo stesso Fajardo è uno dei preparatori.
Ma anche lui non è esente dai sospetti che da anni accompagnano l’improvvisa esplosione di risultati dello sport spagnolo. Il suo nome è stato spesso accostato al dottor Fuentes (la stampa francese lo inserì nei nomi dei frequentatori del medico), lo stregone del doping ematico (che prima di salire agli onori delle cronache per l’Operacion Puerto ebbe un’offerta – rifiutata – anche dal Barcellona e che oggi lavora con una squadra di calcio della Serie C spagnola) che dopo la scoperta dei ciclisti che andavano da lui per autoemotrasfusioni dichiarò che da lui andavano anche calciatori e tennisti. Non se n’è saputo più nulla di calciatori e tennisti e lui se l’è cavata facilmente in un processo-farsa, perché all’epoca il doping non era reato in Spagna, dove non c’era neanche una legge antidoping. Oggi la legge c’è, ma è molto morbida. Ad esempio, se un atleta rifiuta un controllo a sorpresa, che comunque non si può fare di notte, non passa alcun guaio. In Italia una cosa del genere è equiparata alla positività. Regole contrarie anche a quelle della Wada, criticate spesso dallo stesso Nadal. «Il codice antidoping perseguita il tennis», disse nel 2009. Due anni prima L’Equipe aveva parlato di un controllo risultato positivo a Dubai. E proprio nel 2009, quando più di un testimone riferì di aver visto il tennista maiorchino assieme al dottor Fuentes, saltò alcuni controlli a Wimbledon e in occasioni successive. Pochi mesi dopo, al Masters, stupì tutti perché la sua massa muscolare si era praticamente dimezzata. Poi gli infortuni e una cura a base di fattori di crescita (autorizzata) per riprendersi. Si chiama PRT, in sintesi prevede di trattare il sangue del paziente con i fattori di crescita e poi applicarlo al tendine. Ma solo lì, altrimenti è doping. Fin qui, solo cronaca. Resta la domanda: perché Fajardo, preparatore di Nadal, lavora nella Juventus? Che cosa se ne fa la Juve di uno spagnolo esperto di potenziamento muscolare? Se è lecito sospettare, ad esempio, di Bolt, che frequenta ex collaboratori di Victor Conte (l’uomo del caso Balco e di Marion Jones, mai trovata positiva a un controllo finché non s’è scoperto cosa fosse il Gh…), è lecito anche sospettare di Nadal e dei suoi controlli saltati più volte. E magari, almeno per eleganza, si può evitare di assumere il preparatore di Nadal.