(Il Tempo) La squadra si è ritrovata per la prima volta ieri: la scossa c’è stata, ora Zeman e i dirigenti aspettano i risultati. E lo stesso il presidente Pallotta, in arrivo stasera dagli States insieme all’ad Pannes. Una giornata come quella di ieri può sicuramente aiutare. Venticinque minuti in totale per guardarsi in faccia e chiarire cosa non va. Come previsto, prima dell’allenamento Baldini e Sabatini sono entrati nello spogliatoio insieme al tecnico e lo staff. Il discorso introduttivo, concordato in separata sede, è spettato al dg.
Oltre a confermare la piena fiducia della società in Zeman ha detto chiaro e tondo al gruppo: «Noi siamo qui per vincere, quello che volete voi». Non c’è spazio per alibi e dubbi, insomma, in un momento che più delicato non si può. Il dg ha provato anche a spazzare i sospetti sul suo possibile addio dal club e lo stesso farà oggi nella conferenza stampa fissata alle 14.30 del giorno del suo 52° compleanno: ribadirà la voglia dei manager di andare avanti e risolvere i problemi, supportati da una proprietà forte alle spalle.
Baldini non sta ancora pensando alla «fuga». A fine anno, come Sabatini, farà il punto della situazione con gli americani ma nessuno dei due ha voglia di abbandonare un progetto a metà. Dopo il dg, parola al ds. Da Sabatini è arrivato un richiamo al senso di responsabilità e una richiesta alla squadra di «scavare un solco tra la sconfitta e la vittoria». A quel punto nessuno dei giocatori ha replicato. «Ora dovrete lavorare immagino» la chiusura del ds. «No, ora devo parlare io» è intervenutoZeman. I dirigenti allora sono usciti dalla stanza, lasciando dentro la squadra e il tecnico. «Il mio calcio è semplice, se non lo capite ditemelo adesso» ha chiesto al gruppo il boemo, oltre a sottolineare tutto quello che non gli è piaciuto della prestazione di Torino.
L’atteggiamento arrendevole, innanzitutto. Poi il mancato rispetto delle consegne. Il momento forse più significativo ha visto come protagonista De Rossi. Il centrocampista ha voluto spiegare all’allenatore il senso delle sue parole pronunciate dopo il ko con la Juve. Non un’accusa sul sistema di gioco o sulla qualità della Roma, semmai voleva sottolineare la difficoltà di qualcuno ad adattare le proprie caratteristiche al modulo di Zeman. «Ma io allo scudetto voglio crederci come lei» ha assicurato De Rossi. Poi tutti in campo. A sudare sui gradoni. Non per punizione: questa è la normalità per Sdengo. La Roma da domenica contro l’Atalanta cambierà. Anche in alcuni uomini: Perrotta, ad esempio, è piaciuto e potrebbe avere una chance. Scalpita anche Marquinhos. Si vedrà.
L’atmosfera allo stadio non sarà delle migliori, festa per la «hall of fame» a parte. Ieri solo un assaggino della contestazione annunciata dai «capipopolo» per domani. C’era poca gente fuori dai cancelli di una Trigoria presidiata da un’auto della Municipale all’esterno e una dei Carabinieri all’interno, mentre la Digos ha accompagnato i giocatori a fine allenamento. Qualcuno ha utilizzato i cancelli secondari, non Totti, uscito per primo e disponibile a firmare autografi. Applausi solo per lui e Florenzi, Piris e Lamela si sono presi i fischi, mentre Balzaretti ha rassicurato i tifosi sul suo recupero per domenica. Zeman è uscito a bordo di una Citroen elettrica, si è soffermato a firmare foto e autografi e non ha risposto alle domande dei pochi presenti. Anche per lui c’è qualche timido applauso. E ora tocca a Pallotta. Prima di seguire i «suoi» Celtics a Milano si dividerà tra squadra, riunioni varie, questione stadio, cda e celebrazione della Hall of fame. In fundo Roma-Atalanta, sperando che sia dulcis.