(R. Maida) – Come si può valutare uno sfogo che comincia con accuse dure e che termina con le scuse alla platea per «i toni esasperati»? Bisogna entrare nella psicologia di un dirigente in imbarazzo per capire. Franco Baldini in un anno abbondante non è riuscito a far partire la sua Roma: un motivo di sofferenza. In più sente il peso delle responsabilità: ha assunto un impegno verso i tifosi, nei confronti della sua gente. Si è esposto, anche con toni aspri, perché considerava doveroso – e vantaggioso – puntualizzare che la sua posizione è solida e non viene minacciata da nessuno. La Roma ha un’anima, è in grado di rialzarsi e di ripartire di slancio: lui ci crede. Si aspetta risposte dalla squadra. E per cancellare i dubbi, ieri ha assicurato di aver rifiutato la proposta del Tottenham: «Non resterei in paradiso a dispetto dei santi. Se rimango è perché la proprietà mi rinnova ogni giorno di più la fiducia». Non ha attaccato la stampa a caso, ma per un’esigenza. Non sarebbe da lui, che sta promuovendo la famosa rivoluzione culturale, utilizzare metodi fuori moda, da caccia alle streghe. Ha cercato, nel giorno di un compleanno piuttosto amaro, di spostare il mirino dell’opinione pubblica, accentrando su di sé l’attenzione per distoglierla dal momento di confusione della squadra. Non sapendo (o forse non volendo) spiegare le performance e i risultati scadenti della Roma, è partito all’attacco del nemico più vicino: la stampa, a suo giudizio un po’ troppo severa. Comportamento forse antipatico ma efficace, perché l’obiettivo è riuscito.(…)
CORRIERE DELLO SPORT Cosa c’è dietro il suo sfogo
SIPARIETTO – I tre quarti d’ora di conferenza stampa, dopo un inizio accorato ed emozionato, sono stati volutamente aggressivi. Studiati. Come se seguissero il copione di un’opera di teatro. Quando un giornalista gli ha chiesto, in un impeto di involontaria comicità, se ci fosse un piano per destabilizzare la nuova Roma, Baldini ha usato parole agghiaccianti: «Questo progetto non è mai stato voluto. Sì, c’è la volontà di destabilizzare la piazza. Se fossi sceso a patti con certe realtà forse saremmo riusciti a controllare più facilmente le falsità che venivano diffuse. Ma non ho voluto farlo, dopo averne parlato alla proprietà americana». Chi sarebbero i destabilizzatori? Chi vuole il male suo e della Roma? Baldini ha parlato ancora per tenere l’attenzione distante dalla squadra. L’attacco era strategico. Tanto è vero che poi, contattato da questo giornale, ha chiarito: «Ho esagerato. Non volevo sostenere che esiste una manovra destabilizzante. Intendevo dire che gli effetti di quanto si sente e si scrive possono essere destabilizzanti per la Roma». E’ un po’ diverso. Un’azione voluta, almeno dal punto di vista di un manager che cerca di fare gli interessi della società che rappresenta.
PROTEZIONE – Dopo questa conferenza, secondo i suoi intendimenti, la squadra si sentirà meno assediata in modo da superare il complesso di inferiorità che sabato l’ha consegnata alla Juventus. Non se ne va Baldini, non se ne va Fenucci, non se ne va Sabatini. Baldini si sente al timone di un progetto importante, avverte la stima degli americani. E ha un obiettivo preciso: lasciare un’impronta e aiutare la Roma a vincere. Proteggendo in questo momento Zeman e i giocatori, in attesa che la squadra ritrovi una precisa identità e realizzi i desideri dei tifosi. Baldini in primis conosce ogni sfumatura del calcio: le cose possono cambiare e ogni cambiamento sarà smentito fino al minuto prima di diventare effettivo. Che si tratti del futuro di un allenatore o di un direttore generale, non si può ammettere di essere insicuri. Non si può raccontare al popolo che ci sono meccanismi da perfezionare. L’unica certezza, però, è che si lavora per restituire la Roma a un ruolo da protogonista. (…)