(R.Maida) Dev’essere stato un fluido tutto americano ad attirare quella parata maldestra di Consigli proprio lì, dalla parte dove la partita si è chiusa. Michael Bradley ha seguito l’azione, quasi per forza con le ultime forze, prima di uscire sfinito tra gli applausi del signore che paga, James Pallotta. Si è buttato sulla respinta al tiro di Destro e si è meritato il premio del 2-0. Party time . La Roma è molto più statunitense adesso, non solo in tribuna ma anche in campo, proprio nella domenica dei ricordi, con il primo gol mai segnato da un americano con la maglia di Alberto Sordi.
LIBERAZIONE – Bradley può gustarsi la fine di un lungo e tortuoso percorso: una contrattura, poi degenerata in un profondo stiramento, un’attesa infinita per dimostrare ai tifosi della Roma di non essere soltanto un uomo marketing. «Volevo dare tutto quello che avevo – ha aggiunto – dopo cinque settimane di stop non si può essere al meglio per novanta minuti ma va bene così. Crescerò. L’importante è aver vinto la partita» . In effetti, gol a parte, Bradley ha giocato maluccio. Ma in certe storie, in certe giornate, il lieto fine è quasi obbligato: «Mio figlio è nato domenica scorsa. Voglio dedicare a lui e a mia moglie questa gioia» .(…)
OTTIMISMO – Bradley non nega le difficoltà della squadra ma è convinto che con il passare del tempo la Roma si assesterà: «Il calcio è così, a volte ti costringe a soffrire. Per fortuna siamo rimasti in partita nel momento migliore dell’Atalanta, siamo stati abili a sfruttare le occasioni che abbiamo costruito e ci siamo presi tre punti meritati» . Zeman continua a parlare di scudetto, senza rinunciare a scelte impopolari e ad esclusioni eccellenti. Bradley gli dà retta: «La squadra è piena di campioni. Adesso prendiamo una partita per volta ma se riusciamo ad acquisire la mentalità giusta possiamo vincere. Se qualcuno non ha giocato stavolta giocherà più avanti: a nessuno piace stare fuori ma il gruppo è unito»