(M. MACEDONIO) – «Quanto era nelle nostre possibilità, è stato fatto» dice Claudio Barbaro, in qualità di relatore del disegno di legge sugli stadi, che la Camera si appresta a votare dopo aver ricevuto l’approvazione della VII commissione. Non nasconde di avere qualche perplessità, l’esponente di Futuro e Libertà, riguardo alla volontà politica che dovrà essere espressa, in seguito, sull’argomento, a livello di Amministrazione comunale. Per il momento, si limita a manifestare la propria soddisfazione per un lavoro che si è protratto nel tempo ma attende ora solo il placet successivo del Senato, alla luce dei cambiamenti apportati.«Rispetto alla stesura dell’ottobre scorso – racconta Barbaro, che è anche un acceso tifoso romanista – la legge è cambiata soltanto marginalmente. Abbiamo infatti dovuto inserire quanto era scaturito dai pareri espressi nelle altre commissioni. In alcuni casi c’era l’obbligo a farlo, in altri si era tenuti a recepirli a patto che vi fosse unità di intenti da parte della commissione, oltre che del relatore. Un vero lavoro di collage, per verificare, oltre all’adattabilità tecnica, anche quella politica. Perché se da una parte c’era l’esigenza di armonizzare la legge secondo tali pareri, dall’altra – anche al fine di garantire un iter più veloce possibile – si voleva trovare l’uniformità di consensi con tutti i gruppi presenti. E’ stato forse questo che ha un po’ rallentato la discussione negli ultimi mesi. Perché le modifiche apportate non sono sostanziali, ma legate più che altro all’interpretazione di leggi vigenti, con alcune aggiunte di carattere formale, che non hanno stravolto il testo uscito dalla precedente commissione dell’11 ottobre». Differenze ce ne sono, invece, con quello approvato a Palazzo Madama tre anni fa. Rispetto a quello, il testo è stato completamente rivisto. Inizialmente, c’era infatti un richiamo alla suddivisione dei diritti televisivi, che poi – anche per aver affrontato la questione con un approccio culturale diverso rispetto al Senato – si è deciso di eliminare, poiché rendeva più complicata la prosecuzione del ragionamento. Abbiamo poi inserito, in ossequio al principio della mutualità sportiva, l’obbligo per gli imprenditori di costruire, nella misura del 2%, anche impianti sportivi scolastici per ogni singolo impianto che si va costruendo sul territorio. E abbiamo anche cercato – ma questo era previsto già in Senato – di tutelare il fatto che, chi investiva, doveva assicurarsi, attraverso una leva urbanistica, la possibilità di avere dei ritorni sul piano edilizio. Perché prevedere che una struttura sportiva possa consentire di recuperare, da sola, gli investimenti effettuati, era pura utopia. Si è discusso a lungo se prevederla solo di carattere residenziale o anche commerciale. E, alla fine, abbiamo trovato una soluzione che in termini di equilibrio ha accontentato un po’ tutti.
Ci sono dei limiti, che permettano di evitare “esplosioni” cementizie e speculazioni selvagge, come paventato da più parti?
No, non ci sono limiti. Abbiamo preferito ricondurre tutto alla congruità e all’equilibrio del progetto. E quindi, alla conferenza dei servizi.
C’è da ritenere che, non solo per la Roma, ma anche sul piano politico, non potesse esserci momento migliore per far sì che la legge trovasse realmente un’approvazione bipartisan.
Assolutamente sì. Tant’è che è stata una mia precisa volontà quella di arrivare in commissione solo quando avessimo avuto la certezza di un testo unanimemente condiviso. Basti dire che, una volta depositati gli emendamenti, il lavoro in commissione è durato quindici minuti.
Si può quindi ben sperare anche per il suo prosieguo?
Per quanto riguarda Montecitorio, manca solo l’ultimo passaggio, che dipenderà dall’ok del Presidente della Camera. Quanto al Senato, bisognerà fare riferimento alla volontà politica del Ministro di garantire, nei due rami del Parlamento, l’importanza del procedimento, fatta salva ovviamente l’autonomia dei singoli senatori nel dare il loro giudizio. Si tratterà di capire se, nel merito, questo andrebbe a migliorare o a pregiudicare quanto fatto finora. Perché anche una sola virgola cambiata al Senato comporterebbe la necessità di ricominciare da capo. In caso invece di approvazione, diventerebbe subito legge dello Stato.
Per la Roma, la possibilità di lavorare con regole chiare e tempi certi.
Mi limito a dire che, in un Comune abbastanza complesso e articolato come quello di Roma, con questa legge avremo dato una buona mano, sotto il profilo burocratico, affinché la procedura possa svolgersi più celermente e agevolmente. Tenendo però presente che il peso specifico resta nelle mani del Comune. Tutto, quindi, dipenderà dalla volontà politica, anche a livello locale, altrimenti non c’è legge al mondo che possa modificare le cose. Mi limito ad osservare, e da fuori, ho purtroppo i miei dubbi che il Comune possa sveltire l’iter. Basti dire che, due anni fa, mi sono dimesso perché non volevo essere coinvolto nel balletto…
I tempi, per ora?
Per il voto alla Camera, direi maggio. E se c’è il supporto del Ministro, penso che anche il passaggio al Senato possa concludersi prima dell’estate.