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Stadio, Raggi vince Roma perde

Raggi e Frongia

(M. Solani) – Il paradosso è che i paladini della trasparenza, per ora, hanno siglato un accordo di cui non si sa praticamente nulla a parte gli annunci pubblici e gli spot buoni per placare una base (tutt’ora) in rivolta e un elettorato che minacciava battaglia. Perché i contorni dell’acconto siglato venerdì notte in Campidoglio fra Virginia Raggi e i proponenti del nuovo stadio della Roma, ad oggi, sono un mistero che rischia di restare tale ancora per settimane, fino a quando cioè il nuovo progetto non sarà ufficialmente messo nero su bianco sulla delibera di pubblico interesse e depositato in conferenza servizi.

Di sicuro, per ora, c’è soltanto che entro venerdì i proponenti, As Roma e Eumova di Pamasi, chiederanno una nuova deroga al termine del 3 marzo. Tempo che servirà per sciogliere i molti nodi rimasti in sospeso a monte dell’annuncio trionfale fatto da Virginia Raggi sul taglio del 50% delle cubature del progetto originario (il 60% la sforbiciata al business park). Perché quello che l’accordo non dice, e non può dire nessuno dei tecnici che in questi giorni sono al lavoro sul nuovo progetto, è che fine farà la parte più importante delle opere previste nel vecchio piano. Più delle tre torri dell’architetto Daniel Libeskind, sacrificate sull’altare della trattativa con la giunta grillina, più della destinazione d’uso dei 18 edifici di sette piani che faranno parte della business area. Non è un caso infatti, se il mistero in questione avvolga il destino delle opere pubbliche a carico dei proponenti previste nel progetto a cui nel dicembre del 2014 era stato riconosciuto il «pubblico interesse» dall’amministrazione Marino.

«La Raggi ha cancellato tutte le opere di interesse pubblico da noi ottenute, più di 250 milioni di euro per i trasporti e un parco grande come Villa Borghese. Ha fatto un favore ai costruttori», ha attaccato domenica l’ex sindaco. Che il mistero ad oggi sia fitto, lo certificano le parole dell’assessore regionale all’Urbanistica Michele Civita: «Non si conoscono ancora le opere e le infrastrutture che l’accordo reputa indispensabili per garantire la mobilità, il miglioramento dell’ambiente e della qualità urbana». Quello che si sa è che il progetto originario prevedeva 440 milioni di euro.

Fra i consiglieri grillini in Campidoglio ancora qualcuno contrario all’opera. Uno dei ponti non si farà, lo svincolo autostradale sì ma dopo l’impianto di opere pubbliche a fronte di un investimento totale di 1,7 miliardi. Tutto da capire, invece, a quanto ammonterà la spesa adesso che il progetto “sforbiciato” è stato rimodulato su una spesa totale di un miliardo circa. Secondo quanto fatto filtrare da As Roma e Parnasi il risparmio in questo capitolo di spesa sarebbe di circa 130 milioni. Dal Campidoglio, però, il riserbo è massimo su una trattativa che evidentemente è ancora tutta da scrivere. Certo non lasciano tranquilli le indiscrezioni filtrate sino ad ora che parlano di una realizzazione «in due fasi» di tutte ra prevedeva il completamento obbligatorio contestualmente alla costruzione dello stadio. Di certo, dal progetto, salterà uno dei due nuovi ponti carrabili sul Tevere previsti. O quello dei Congressi bloccato di recente Consiglio superiore dei lavori pubblici e previsto con fondi pubblici, oppure quello dello Stadio che invece sarebbe stato realizzato a carico dei provati. E la proposta, in questa nuova versione, sarebbe quella di provare a “stornare” sul secondo 90 dei 150 milioni stanziati dal Cipe per la realizzazione del primo. Pagherebbe il pubblico, quindi, e non più il privato un’opera che in ogni caso potrebbe venir realizzata soltanto dopo la realizzazione dello stadio. Stessa tempistica, secondo indiscrezioni, anche per il completamento dello svincolo sulla Roma Fiumicino. Due “menomazioni” al progetto originario che, secondo urbanisti e ambientalisti, metterebbero a serio rischio la sostenibilità del sistema viario di una zona su cui, in occasione delle partite, si riverserebbero 55mila persone che si muoveranno perlopiù con auto private. Anche perché le criticità sarebbero aumentate anche dai minori interventi perla riqualificazione della via Ostiense-via del Mare.

Difficile pensare, poi, che la nuova situazione possa permettere di rispettare la soglia del 50% che il vecchio progetto fissava per l’affluenza degli spettatori con mezzi pubblici. Soprattutto se, come pare, i nuovi accordi libereranno i privati dall’impegno di acquistare 15 nuovi treni (soltanto 2 la nuova previsione) per potenziare la Roma-Lido. Anche perché la strada alternativa inizialmente prevista dalla delibera di pubblica utilità, quella del prolungamento della metro B, è stata già di fatto preclusa dall’Agenzia della mobilità comunale. Dal progetto, inoltre, sarebbero cassati anche alcuni interventi per l’accessibilità del Tevere: resta la riqualificazione delle banchine, ma vengono cancellati i quattro nuovi pontili inizialmente previsti. Indiscrezioni, notizie filtrate dal segreto di una trattativa tutt’ora avvolta nel mistero e volutamente tenuta lontana dai riflettori buoni per “vendere” a base e elettorato u-n’accordo trionfale. ll silenzio, però non potrà durare a lungo e quella parte del Movimento che già oggi non sembra disposta ad accettare la retromarcia attende al varco pronta a dare battaglia. Anche dentro al Consiglio comunale se è vero come pare, ma il capogruppo Paolo Ferrara ha provato a smentire le voci, che ci sarebbero quattro o cinque consiglieri pentastellati ancora orientati a votare no quando in assemblea capitolina sarà portata la nuova delibera di pubblico interesse o la modifica di quella approvata nel dicembre 2014. Un dettaglio non da poco visto che, a seconda di cosa conterrà quel documento, l’iter di approvazione del progetto potrebbe ripartire da capo con una nuova conferenza servizi. E ci vorrà un anno almeno, a quel punto, prima che il nuovo progetto abbia il via libera. Altro che posa della prima pietra entro il 2017 come fatto sapere con entusiasmo dal Campidoglio in queste ore.

Fonte: l’unità

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