Non c’è solo l’aggressione di turisti colpevoli solo di aver indossato la maglia della Lazio alla vigilia di un derby, sul curriculum giudiziario dei 13 ultrà della Roma sottoposti a obbligo di dimora. Nell’ordinanza, il gip ripercorre una lunga lista di trasferte violente, che si sono trasformate in «manifestazioni di forza che nulla hanno a che vedere con il tifo e lo sport».
Il giudice sottolinea che «i supporters seguono la squadra per dare sfogo a un senso di prevaricazione ai danni dei tifosi avversari e delle forze dell’ordine». Per questo motivo, è stato vietato loro di allontanarsi dalla città. Durante le partite della Roma non potranno nemmeno uscire di casa. Tra le sfide fuori porta menzionate dal magistrato, spicca quella dell’8 marzo 2016, a Madrid. «Nessuno mai aveva fatto un corteo di un’ora per le strade mentre la polizia non riusciva a contenerci», hanno scritto gli indagati su una chat sequestrata dalla procura. Tra i messaggi, gli inquirenti hanno trovato una foto degli ultrà con i volti oscurati: una tattica per evitare di essere identificati, perché «se no senza volerlo diamo una mano ai caschi blu», si legge negli sms. Ci sono altre partite elencate dal gip. Come un match del 20 ottobre 2016, a cui seguirono scontri con i tifosi avversari. L’«indole violenta – si legge nell’ordinanza – è emersa anche in occasione della trasferta a Bergamo contro l’Atalanta il 20 novembre 2016». Vengono pure citate la partita Siena-Roma del settembre dello stesso anno e contestazioni a Trigoria. Il gip sottolinea poi che alcuni indagati sono stati coinvolti nell’inchiesta sul ritrovamento di un arsenale sul Lungotevere. I provvedimenti amministrativi come il daspo, si sono rivelati «inutili a prevenire le violenze». La misura cautelare è l’unico modo per evitare disordini.
Fonte: il messaggero